Puniti da un rimpallo beffardo in un match che avrebbero meritato di vincere, i giallorossi non hanno comunque dato il meglio. In certe gare serve (e si potrebbe) anche essere più forti della malasorte.
Lo ammetto: al fischio finale di Genoa-Lecce non sapevo bene cosa scrivere. E non solo da giornalista, ma nemmeno come tifoso sapevo a cosa imputare una sconfitta ai limiti dell’assurdo, oltre quelli dell’ingiusto. Superata l’emotività che ogni appassionato passionale si porta giustamente dentro (imprecazioni contro la malasorte a bizzeffe), tornato lucido mi sono rifugiato in un’analisi più fredda, essenziale e, se vogliamo, cinica. Arrivando ad un punto: il pallone sarà anche tondo, ma non si sposta da solo.
Un modo per dire che la sfortuna non esiste. E’ un concetto a cui ci si può credere fino ad un certo punto, poi rischierebbe solo di allontanarti dalla realtà dei fatti. Una realtà, quella del calcio, che a volte è semplice da far paura: vince quasi sempre chi è più bravo, o chi è più forte, o entrambi. Se si è scarsi e si gioca male, al 100% si perde.
Il Lecce ieri non ha giocato male, tutt’altro. Ha fatto meglio che con la Lazio, a tratti meglio anche rispetto a Cagliari, dove magari ha tirato più ma subito molto di più. Ieri invece due gollonzi (anche a Sanabria sono serviti due assurdi rimpalli per battere Gabriel) e due passaggi a Gabriel, contro un gol, un rigore sbagliato, un salvataggio sulla linea ed almeno una decina di conclusioni mandate fuori da posizione favorevole.
E allora? Il Lecce sarà mica scarso? Parola forte e ingenerosa, quindi mi verrebbe da dire di no. Bisogna però accettare che questa è una squadra che ha limiti enormi, forse troppo alti per concedersi la salvezza. Per analizzare il perché si è arrivati a giocarsi tutto con mezzi magari non propriamente adatti ci sarà tempo (spoiler: Liverani ha fatto quasi il massimo, la società anche, Meluso poteva fare meglio).
Ora soffermiamoci sul dunque, che si traduce nel fatto che anche uno dei migliori Lecce dell’anno non sia riuscito ad evitare quel paio di errori valsi gol avversari. Perché sì, i calciatori di Serie A possono benissimo farti due gol con due palloni toccati. Ed il perchP uno dei migliori Lecce dell’anno non sia riuscito a realizzare più di un gol con 17 conclusioni all’attivo. Perché no, difficilmente i calciatori di Serie A prendono un pallone e se lo buttano da soli in porta.
Quindi siamo spacciati? E’ dura, durissima, inutile nasconderselo. E non può essere altrimenti se si pensa che un gran bel Lecce, dominatore del match per 75 minuti buoni, è uscito ko dalla sfida dell’anno con una squadra alle pezze, impaurita, senza una minima trama di gioco se non quella del “palla fai tu”. Ma il miracolo sportivo è ancora possibile. Servirebbe tuttavia un Lecce “diverso”, capace di non sbagliare e buttarla dentro. Facile a dirsi, ma non si può pensare che, con tutte le motivazioni del mondo e con avversarie scarichissime da quel punto di vista, andando a duemila non si possa evitare la puntuale topica difensiva o buttarla dentro almeno una volta ogni 7-8 conclusioni (sono tantissime). Il Lecce dovrà cercare di superare i suoi limiti e fare 12 punti. Lo deve alla sua gente.
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La sfortuna non esiste. Speriamo tutti in un miracolo sportivo, ma ci vorrebbe un Lecce “diverso”
Puniti da un rimpallo beffardo in un match che avrebbero meritato di vincere, i giallorossi non hanno comunque dato il meglio. In certe gare serve (e si potrebbe) anche essere più forti della malasorte.
Lo ammetto: al fischio finale di Genoa-Lecce non sapevo bene cosa scrivere. E non solo da giornalista, ma nemmeno come tifoso sapevo a cosa imputare una sconfitta ai limiti dell’assurdo, oltre quelli dell’ingiusto. Superata l’emotività che ogni appassionato passionale si porta giustamente dentro (imprecazioni contro la malasorte a bizzeffe), tornato lucido mi sono rifugiato in un’analisi più fredda, essenziale e, se vogliamo, cinica. Arrivando ad un punto: il pallone sarà anche tondo, ma non si sposta da solo.
Un modo per dire che la sfortuna non esiste. E’ un concetto a cui ci si può credere fino ad un certo punto, poi rischierebbe solo di allontanarti dalla realtà dei fatti. Una realtà, quella del calcio, che a volte è semplice da far paura: vince quasi sempre chi è più bravo, o chi è più forte, o entrambi. Se si è scarsi e si gioca male, al 100% si perde.
Il Lecce ieri non ha giocato male, tutt’altro. Ha fatto meglio che con la Lazio, a tratti meglio anche rispetto a Cagliari, dove magari ha tirato più ma subito molto di più. Ieri invece due gollonzi (anche a Sanabria sono serviti due assurdi rimpalli per battere Gabriel) e due passaggi a Gabriel, contro un gol, un rigore sbagliato, un salvataggio sulla linea ed almeno una decina di conclusioni mandate fuori da posizione favorevole.
E allora? Il Lecce sarà mica scarso? Parola forte e ingenerosa, quindi mi verrebbe da dire di no. Bisogna però accettare che questa è una squadra che ha limiti enormi, forse troppo alti per concedersi la salvezza. Per analizzare il perché si è arrivati a giocarsi tutto con mezzi magari non propriamente adatti ci sarà tempo (spoiler: Liverani ha fatto quasi il massimo, la società anche, Meluso poteva fare meglio).
Ora soffermiamoci sul dunque, che si traduce nel fatto che anche uno dei migliori Lecce dell’anno non sia riuscito ad evitare quel paio di errori valsi gol avversari. Perché sì, i calciatori di Serie A possono benissimo farti due gol con due palloni toccati. Ed il perchP uno dei migliori Lecce dell’anno non sia riuscito a realizzare più di un gol con 17 conclusioni all’attivo. Perché no, difficilmente i calciatori di Serie A prendono un pallone e se lo buttano da soli in porta.
Quindi siamo spacciati? E’ dura, durissima, inutile nasconderselo. E non può essere altrimenti se si pensa che un gran bel Lecce, dominatore del match per 75 minuti buoni, è uscito ko dalla sfida dell’anno con una squadra alle pezze, impaurita, senza una minima trama di gioco se non quella del “palla fai tu”. Ma il miracolo sportivo è ancora possibile. Servirebbe tuttavia un Lecce “diverso”, capace di non sbagliare e buttarla dentro. Facile a dirsi, ma non si può pensare che, con tutte le motivazioni del mondo e con avversarie scarichissime da quel punto di vista, andando a duemila non si possa evitare la puntuale topica difensiva o buttarla dentro almeno una volta ogni 7-8 conclusioni (sono tantissime). Il Lecce dovrà cercare di superare i suoi limiti e fare 12 punti. Lo deve alla sua gente.
Alessio Amato
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