Pruzzo: “Scommesse in Roma-Lecce 2-3? Stro**ate!“

L'ex attaccante dei capitolini ha parlato alla Gazzetta dello Sport rievocando la storica partita persa contro i salentini già retrocessi

Roberto Pruzzo ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport, toccando diversi temi legati al calcio italiano e alla Roma. L’ex bomber giallorosso, oggi opinionista, ha parlato anche di Mateo Retegui, attaccante del Genoa e della Nazionale italiana, soffermandosi sulla sua prestazione contro il Verona.

“Retegui? È forte, vede la porta. Fare quattro gol come lui contro il Verona è difficile. Ma non dimenticate che c’è chi in una partita ne ha fatti cinque…”, ha ricordato Pruzzo con un sorriso, facendo riferimento a un’impresa che porta la sua firma. Era il 16 febbraio 1986, Roma-Avellino 5-1. Una giornata storica per l’allora centravanti giallorosso, capace di realizzare una cinquina all’Olimpico: un gol di testa, due di sinistro, due di destro: un repertorio completo. E potevano essere anche di più, se in un’occasione il portiere avellinese non gli avesse negato la rete e in un’altra non avesse preferito servire Bruno Conti. 

Roberto, sono passati 39 anni.

“Sembra ieri, che giornata! E che palle il tempo che passa. Ma lo sai che nessuno mi chiama più Roberto? Era rimasta solo mia madre, se per strada sento il mio nome neanche mi giro, da quasi cinquant’anni per tutti sono il “Bomber” , anche per mia figlia”.

E allora Bomber, riavvolgiamo il nastro di quella partita e di quella stagione…

“Basta una gara per capire di quale campionato parliamo: Roma-Lecce. Era la stagione 1985-86, faticammo all’inizio accumulando un distacco dalla Juve di 8 punti, quando la vittoria ne valeva 2. Io nel girone di andata giocai poco e feci appena due gol. Nel girone di ritorno mi scatenai e in 13 partite feci 17 reti, di cui 5 contro l’Avellino. Divenni per la terza volta capocannoniere con 19 gol davanti a Rummenigge con 13, Platini 12 e Maradona 11. Giocavamo un calcio meraviglioso, moderno, a mille all’ora: recuperammo lo svantaggio ma poi alla penultima giornata contro il Lecce già retrocesso… Non me lo far ricordare dai…”.

Qualcuno ricamò su quel 2-3, si fantasticò pure di scommesse sul risultato del primo tempo.

“Stronzate. Nello spogliatoio della Roma non si cazzeggiava. C’erano personalità forti, io ero uno dei leader. Se qualcuno avesse fatto qualcosa di sbagliato, non ne usciva vivo. Semplicemente quella partita fa parte delle follie del calcio, quelle che lo rendono imprevedibile e affascinante. Eravamo sicuri di vincere, Lo Bello ci annullò il 2-0 e neanche protestammo. Nel Lecce entrò il portiere di riserva, Negretti, e fece il mostro. Una gara stregata: noi ci finimmo dentro e fu un casino”.

È il più grande rimpianto della sua carriera?

“No, c’era stata l’incredibile rimonta e la squadra arrivò stanca, anche se fermarsi sul traguardo fu terribile. Di delusioni e ingiustizie ne ho vissute altre: lo scudetto che ci fu tolto nel 1981 col famoso gol di Turone. E in Nazionale Bearzot mi negò almeno due Mondiali: già nel 1978 in Argentina ero forte e restai fuori, poi nel 1982 in Spagna per tenere tranquillo Rossi al rientro dopo il calcio scommesse portò Selvaggi meno scomodo di me che quell’anno ero stato capocannoniere. Lo stesso avvenne in Messico nel 1986 con Galderisi, quando io facevo gol pure bendato…”.

Su SiamoLaRoma.it tutte le parole di Roberto Pruzzo

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