Il calcio è del popolo, la Serie A di certo no. E, a chi avesse ancora dei dubbi, ne hanno dato dimostrazione gli organizzatori del torneo, manager che di parole come passione, rispetto, inclusività sanno solo riempirsi la bocca per poi, alla prima occasione, dimostrare l’esatto contrario ed a quali valori sono asserviti. Questa sera non solo Bergamo, ma tutta l’Italia ha applaudito il Lecce, e non per la bella prestazione messa sul campo dai ragazzi di Giampaolo.
I giallorossi hanno giocato portandosi dietro un dolore atroce, di quelli che forse non passeranno mai ma che di certo i buoni sentimenti, i bei ricordi ed i valori nobili condivisi possono trasformare nel tempo in energia positiva, come chi ci ha lasciato vorrebbe per la sua squadra, per la sua gente. Il Lecce stasera ha onorato Graziano Fiorita in campo ma soprattutto fuori, scegliendo di mostrare i muscoli non come atto di forza ma di orgoglio e dignità per dimostrare che un altro modo di fare è possibile.
Obbligando il Lecce a scendere in campo ospite dell’Atalanta la Lega Serie A ha dimostrato gradi di insensibilità e mancanza di empatia a livelli che era difficile attribuirle, calpestando gli stessi concetti di cui si fa spesso ipocrita portavoce. Una Serie A che non merita colori, non merita gente, non merita passione. Chi la merita è invece quel popolo, il popolo del pallone, che si è unito, incredulo di tale atteggiamento, al fianco del Lecce. Perché sì, si dovrà cercare di ripartire, ma il modo in cui ci si approccia a farlo differenzia gli uomini dagli omuncoli. E in questi giorni i dirigenti di Via Rosellini hanno dimostrato di che pasta sono fatti.