Il Maestro che nel Salento ha ritrovato il sorriso e scritto la storia

Marco Giampaolo saluta il Lecce dopo aver ottenuto la terza storica salvezza di fila ed essersi ripreso la scena in Serie A

Ma chi, Marco Giampaolo? Quello dei meme? Quello sfottuto ovunque come “Maestro”? Quello del record di esoneri? Ma dai! Parole dure, parole di chi, a inizio novembre 2024, invadeva i forum dei siti e le pagine social di commenti che definire poveri di fiducia è certamente un eufemismo. Accolto nella diffidenza generale, sette mesi dopo Marco Giampaolo saluta il Lecce con il sorriso, il sorriso di chi tra mille difficoltà ha scritto la storia del club giallorosso e lo ha tutto sommato fatto a modo suo, prendendosi anche qualche scusa da chi, lontano dal Tacco d’Italia, è stato forse un po’ troppo irrispettoso nei suoi confronti in passato.

Eppure un’avvisaglia che sarebbe stata una relazione fruttuosa c’era stata. L’approdo in giallorosso del tecnico nativo di Bellinzona è datata 11 novembre, un giorno sacro per il popolo salentino, amante del buon vino come il suo nuovo allenatore. E all’indomani di San Martino, quando l’aria di quel lembo di terra è ancora inebriata dalle spore d’uva, ad aumentarne l’intensità arrivano le prima parole di Giampaolo da tecnico del Lecce. L’entusiasmo di rilanciarsi, la voglia di lavoro, di campo di crescere assieme ai suoi nuovi ragazzi. Una rivoluzione rispetto a Luca Gotti, una grande scommessa per cercare di ottenere per la prima volta la terza salvezza di fila.

E l’approccio in giallorosso ha il sapore della Dea Bendata che finalmente potrebbe avergli sorriso. Il Lecce di Venezia è il palese risultato di una squadra che arriva da un periodo difficile e per di più che si è allenata pochissimo a causa degli impegni internazionali. Risultato? Solo la fortuna evita di sprofondare in Laguna, prima che il Maestro ci metta un primo tocco personale: squadra stravolta per l’ultima mezz’ora dominata dal Lecce che si prende un successo pesantissimo. Ora sì che si può iniziare a lavorare.

Ed il primissimo periodo è fruttuosissimo, con le ottime prove con Juve, Monza e Lazio più il primo tempo di Roma dove è Giampaolo a buttarla via con una scellerata rivoluzione all’intervallo, in uno dei pochissimi capitomboli della sua avventura salentina (ci aggiungiamo forse solo il secondo tempo di Cagliari ed il Como) imputabili più ad un suo errore che ai limiti tecnici della rosa. In ogni caso i giallorossi adesso giocano, sono più corti, si sono compattati, la palla non è più buttata via a casaccio e le occasioni sono meno tutte sulle spalle di un Krstovic ritrovato e molto meno testardo di prima. Insomma, tra punti preziosi e qualche inciampo che può starci il Lecce arriva bene al giro di boa, rinato e tutto sommato in forma, come testimonia l’ultima d’andata con il Genoa che è forse la prestazione corale che meglio rispetta il credo del tecnico abruzzese.

A gennaio poi però succede davvero di tutte. Il mercato, con il caso Dorgu in primis e l’attesa di qualche correzione di tiro che non arriva (al Lecce manca un elemento d’inserimento ed un’ala mancina pronta e più incisiva), influisce rendendo il collettivo di Giampaolo a dir poco discontinuo. Eppure la squadra c’è, la base tattica è stata creata e si vede nelle vittorie, belle e fondamentali, di Empoli e Parma. Sia il tecnico che i ragazzi avevano però bisogno di qualche risorse in più e, con il passare delle settimane, chi ha tirato la carretta andando a volte anche oltre le proprie possibilità (Jean l’esempio più eclatante, ma anche Coulibaly, Helgason, Pierotti e Morente) inizia a pagare qualcosa. Così come le avversarie, dall’Inter al Monza, iniziano a guardare in modo diverso al Lecce di Giampaolo, a studiarlo ed a non prenderlo sottogamba.

Il risultato è nel periodo più buio della stagione, un periodo di 13 partite senza vittorie che rischiava davvero di far saltare il banco, facendo perdere al Lecce l’occasione della vita di trovare una terza salvezza di fila non scontata ma, con massima onestà alla luce della qualità e del trend delle principali concorrenti, assolutamente alla portata. In questo periodo il tecnico fatica a trovare un’alternativa, qualcosa che permetta alla squadra di uscire dal momento buio, di ritrovare fiducia in sé stessi. Niente, anzi la peggior prova è proprio in coda, in quel Lecce-Como in cui i giallorossi sprofondano tra i più meritati dei fischi.

Anche in questo periodo di mancanza di alternative, ripetiamo principalmente per limiti di contesto e successivamente mettendoci del proprio, c’è però qualcosa di buono. In troppe partite al Lecce manca solo la scintilla per conquistare vittorie (Monza, Bologna, Venezia) o pareggi (Udinese, Genoa, Milan, Fiorentina, Roma) che sarebbero stati alla portata. La squadra però in campo non era messa male, le idee c’erano e mancava solo quella forza d’animo per andare oltre i limiti tecnici dei singoli.

Una buona base che, nel finale, nel momento più scottante per i punti e triste per la perdita dell’amatissimo Graziano Fiorita, è venuta fuori in tutta la sua importanza. Capito che non si poteva prescindere dal metterla sulla verve e sul piano delle massime motivazioni, la squadra è tornata a sfruttare la base fornita dal tecnico, risultando quasi impeccabile nei match con Atalanta, Napoli, Verona, Torino e Lazio.

E, in quella notte dell’Olimpico, Marco Giampaolo è tornato a prendersi quei complimenti, quegli applausi, quei festeggiamenti, quei sorrisi lontani ormai sei anni. Giampaolo si è preso la sua rivincita ed ha portato il Lecce ad ottenere la più attesa, e sudata, delle vittorie. Un lieto fine che nessuno potrà negargli, nemmeno il non aver trovare l’accordo sulle idee (divergenti) per essere ancora parte del progetto Lecce. Impossibile salutarlo senza ringraziamenti onesti e sentiti. Perché forse nessuno più di mister Marco Giampaolo meritava di marchiare il suo nome nella storia del Lecce. Grazie di tutto.

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