Il terzino giallorosso parla a Il Corriere dello Sport (intervista di Furio Zara) sulla ripartenza degli allenamenti e del campionato alla luce di ciò che è accaduto con la ripresa della Bundesliga, campionato dove il classe ’90 ha militato per più stagioni.
IBRAHIMOVIC HA DETTO: «LORO DICONO, LORO FANNO. LEI COSA NE PENSA? “Penso che Ibra ha perfettamente ragione. E la filosofia dei tedeschi, un modo di pensare che ho conosciuto anch’io. Non è un caso che in Europa la Bundesliga sia stato il primo campionato a ripartire».
QUI SOLO PAROLE. «Siamo fermi al chiacchiericcio. In due mesi e mezzo in Italia sul calcio non si è lavorato a nessuna strategia chiara. Stiamo diventando una barzelletta. Mi creda, questa situazione di eterna attesa è mortificante per noi e per tutti quelli che lavorano nel calcio. Non si può ogni volta rimandare una decisione, ma è quello che sta succedendo in Italia. Non abbiamo certezze su niente. In Spagna e in Inghilterra sono pronti a ripartire, in Francia hanno preso una decisione opposta, ma almeno l’hanno presa. C’è stata chiarezza. Cioè: si sono presi una responsabilità mettendo in conto i rischi, come sta facendo la Germania che è andata in un’altra direzione. Noi viviamo di attese».
SI AGLI ALLENAMENTI, MA… «Appunto, e siamo a due mesi e mezzo dall’inizio del lockdown. Credo che l’immagine che stiamo dando all’estero sia imbarazzante. Ne ho parlato anche in questi giorni con i miei ex compagni del Bayer Leverkusen e con i miei amici tedeschi. Loro sono tranquilli. Si sentono garantiti sotto ogni profilo, soprattutto quello sanitario. Si sono allenati in sicurezza, ora hanno ripreso a giocare. Stanno facendo il loro lavoro e fare il proprio lavoro significa ritrovare un po’ di normalità».
IN GERMANIA CI SONO CONTAGIATI. «Certo, ma c’è un protocollo che li gestisce diversamente. E poi diciamoci la verità: se aspettiamo il contagio zero allora ricominciamo a settembre, forse».
BUNDESLIGA AL VIA. «Ho invidiato i miei colleghi. Ho pensato alla loro soddisfazione nel tornare in campo. Ma guardi che quando parliamo di campionato che riparte non dobbiamo pensare solo ai calciatori: c’è un intero movimento che dà lavoro a un sacco di gente che si è rimesso in moto, mi riferisco a magazzinieri, collaboratori vari, membri dello staff, tutte persone che hanno uno stipendio normale. Una squadra di calcio è tale anche grazie al lavoro di tutti loro».
NOTA STONATA. «La mancanza di chiarezza. E poi mi ha infastidito il fatto che qualcuno abbia fatto il furbo per portarsi avanti col lavoro, ecco, proprio non mi è piaciuto».
COSA HA PESATO? «Stare lontano dalla mia famiglia. Mia moglie e mia figlia sono a Forte dei Marmi, io sono a Lecce da più di un mese. Non è semplice. Penso a un mio compagno che tra una settimana diventerà padre e non può vedere suo figlio: mi sembra assurdo».
COSA HA IMPARATO IN GERMANIA? «L’ organizzazione. La capacità di creare, a tutti i livelli della società, un sistema che funziona. In Germania si costruisce, qui si rattoppa».
E’ FIDUCIOSO SULLA RIPRESA DELLA A? «Non lo so, se devo essere sincero ho meno certezze di prima. Abbiamo già perso tanto tempo. Me lo auguro, certo. Spero che i nostri governatori e dirigenti seguano l’esempio della Germania. Non siamo stati capaci di prendere una decisione, almeno copiamo, quello non dovrebbe essere difficile».
STADI CHIUSI. «Rispondo con una constatazione e una domanda. La constatazione è questa: certo che non è il calcio di prima, ma nemmeno la nostra vita – in questo momento – è quella di prima. E la domanda è: preferiamo chiudere un campionato e dare un senso alla stagione in questa maniera, oppure preferiamo aspettare, continuare con le lamentele, le discussioni, gli interessi di parte? Io preferisco giocare, fare il mio lavoro, chiudere questa stagione e attrezzarci per la prossima».
