L’ex calciatore del Lecce parla a La Gazzetta del Mezzogiorno (intervista di Antonio Calò) dell’impossibilità di tornare a giocare a calcio, in ossequio alle tante vittime di questa emergenza sanitaria.
NO ALLA RIPARTENZA. «Forzare la ripresa della serie A sarebbe assurdo. I punti interrogativi sono troppi. Dalla sicurezza a come ci si deve comportare in caso di contagi tra i calciatori. Ma la cosa peggiore sarebbe quella di dovere giocare a porte chiuse. I tifosi sono l’essenza del calcio. Inoltre, c’è una questione morale, il rispetto per più di 31.000 morti, per i tanti operatori sanitari che hanno dato la vita nella lotta alla pandemia. Non sono convinto che la gente sia pronta a gioire per un gol, per una vittoria della propria squadra. Se dovessi decidere io, quindi, decreterei la chiusura anticipata della stagione».
TUTTI I CAMPIONATI ANNULLATI. «Tutti i campionati dovrebbero essere annullati, in quanto non è ipotizzabile che producano effetti, stante il fatto che mancano tante partite alla conclusione. Non verrebbe assegnato lo scudetto, non ci sarebbero promozioni e retrocessioni. A questo punto il Lecce sarebbe salvo, come del resto merita. Mi rendo conto che team quali il Benevento, in B, il Monza, il Vicenza e la Reggina, in C, sarebbero penalizzati. Di fatto, però, al momento della sospensione, non avevano ancora nessuna certezza di vincere i rispettivi tornei. Il risultato, nello sport, si raggiunge grazie a diverse componenti e una è la fortuna. Per queste formazioni ciò che è accaduto con l’esplosione della pandemia va annoverato come un evento oltremodo sfortunato. Un po’ come se avessero perso tutti i restanti incontri».
SOLUZIONI. «Opterei per una serie di provvedimenti “a caduta”. Le società dovranno rinunciare ad una fetta degli introiti derivanti dai diritti televisivi. Conseguentemente, tutti gli addetti ai lavori, dai calciatori, ai tecnici, ai direttori sportivi, a patto che guadagnino più di 5.000 euro al mese, in qualsiasi serie, non dovrebbero percepire lo stipendio relativo agli ultimi quattro mesi. Non avrebbero certo problemi a vivere. Per i dipendenti dei club e per coloro che non guadagnano 5.000 euro al mese, il governo dovrebbe prevedere lo strumento della cassa integrazione. Io, nel mio piccolo di tecnico attualmente impegnato tra i dilettanti, con contratto, ho rinunciato a quattro mensilità. Non sarebbe quindi un dramma se lo facesse anche chi percepisce somme di gran lunga più significative. Siamo sopravvissuti per tre mesi senza calcio, riusciremo a farne a meno sino a settembre. Chi di competenza, naturalmente, dovrebbe predisporre ogni cosa per fare in modo che si riparta dopo l’estate, con le giuste misure, purché non cervellotiche».