Pantaleo Corvino ha scritto tanti capitoli di storia del Lecce e non solo in Serie A. Nel suo modo di lavorare, oltre al presente (qui le sue parole sul Lecce attuale), c’è tanta attenzione nella scelta di portiere e attaccante, ruoli che non si possono sbagliare nella costruzione delle rose: “A Lecce abbiamo avuto Chevanton, Lucarelli, Bojinov, a Firenze Toni, Vlahovic, Jovetic. Nella vita di un direttore ci sono dei ruoli che pensi più importanti degli altri per fare risultati. I risultati vanno ottenuti non sbagliando alcuni ruoli. Da ragazzino quando si giocava a calcio in strada facendo la conta si sceglieva sempre il migliore. Io cerco prima di tutto portiere e attaccante, quella filosofia l’ho portata dalla Terza Categoria alla Champions. Portiere e attaccante sono importanti per arrivare ai risultati. Facendo leva sulle mie capacità, che non sempre si dimostrano vincenti se vogliamo. A volte sbagli, solo chi non lavora non sbaglia. L’importante è sbagliare meno rispetto a ciò che fai bene. Sapendo questo, cerco sempre di sforzarmi in questi due ruoli per sbagliare il meno possibile. Faccio leva sulle mie capacità, sulle mie idee, sapendo che devo essere sincero devo puntare sulle potenzialità e non sulle qualità conclamate. Ogni direttore in ogni momento ha la sua storia”.
Pantaleo Corvino sciorina anche delle sue scelte tra i pali: “Un conto è prendere attaccante e portiere conclamati, se hai possibilità economiche cerchi il meglio. Quando devi puntare sulle potenzialità c’è più rischio di sbagliare. Nella mia storia pur facendo quello che ho fatto, quattro volte ho superato la soglia dei 10-15 milioni per comprare. Devi puntare più sulle potenzialità che sulle qualità, hanno dei costi impossibili per un club. Si sono parlati molti nomi, ma se dovessimo parlare dei portieri ci sarebbero altri nomi. Falcone ora a Lecce, come Chimenti, che arrivò alla Juve e in Nazionale, poi Frey, Lobont, Boruc e Terracciano, che è rimasto a Firenze. Anche Neto, che è andato al Barcellona, ruoli determinanti”.
Corvino racconta poi la parabola di Valeri Bojinov, acquistato poco più che bambino e venduto in una stagione in cui si consumò anche uno strappo: “Ogni calciatore ha la sua storia, sia se arriva ad essere un top o un flop. Quando sono dei flop dipende da capacità tecniche, fisiche mixate con fattori mentali e ambientali che non fanno esprimere il massimo a un calciatore. Ognuno ha la sua storia, prima si è parlato di Vucinic e Bojinov. Bojinov lo presi a 12 anni in un viaggio a Malta per prendere Berbatov, che sfumò dopo tre giorni di visite mediche e divenne il calciatore più pagato dal Manchester United. Vidi Bojinov a 12 anni e lo portai a Lecce. Con Zeman aveva fatto 11 gol in metà anno e aveva Vucinic, che non giocava in quel ruolo. Pensando di fare l’affare giusto per il Lecce cedendo Bojinov per 13,5 milioni più Valdes alla Fiorentina, per me da direttore era un affare, pensando a Vucinic che non giocava prima che poi dopo fu venduto a 21 milioni di euro. La cessione permise di fare un affare anche se non avevo il consenso dell’allenatore, della società e dei tifosi, ma per me fu la soluzione migliore. Ci fu una reazione”.
Dusan Vlahovic è stato poi l’ultimo talento scovato durante il suo rapporto professionale con la Fiorentina: “Mi accusarono di averlo pagato tanto, 1,5 milioni, ma la Juve lo ha pagato 80 milioni. I motivi degli scettici erano perché aveva 17 anni e andava ad occupare un posto di extracomunitario togliendo un rinforzo alla prima squadra, mi preclusi questa cosa. Ebbi molte critiche e lo presi a dicembre per lasciarlo giocare lì e farlo rientrare nella stagione successiva, pagandolo pure. Dopo però vederlo oggi a quei livelli, sapendo che la Fiorentina ha incassato certe somme…quelle critiche mi sembrano carezze. Alla firma mi ricordo che la mamma venne a Milano per la firma col papà. Dopo che firmò la mamma mi guardò negli occhi e mi disse ‘le sto dando il nuovo Batistuta’. Mi venne subito un po’ di perplessità e spiazzamento e dissi ‘mi auguro che sia il nuovo Toni’. Aveva ragione lei. Vlahovic sta dimostrando quello che è”.
Quando si acquistano giovani calciatori, è importante la gestione del rapporto con la famiglia: “Ogni genitore pensa che ‘ogni scarrafone è bello a mamma sua’, deve diventare il migliore di tutti. Fatta questa battuta, penso che ci sono genitori intelligenti, non solo chi prende spunto da questa battuta. Devi essere capace di convincere e far tranquillizzare sotto l’aspetto di genitore. Io sono anche nonno e cerco di far capire che non sbagliano la scelta sotto l’aspetto tecnico e affettivo comportamentale. Il ragazzo viene a stare con persone per bene che si sostituiscono alla famiglia. Anche da lì si diventa campioni e protagonisti. Faccio leva su quest’aspetto”.
Pantaleo Corvino rivive poi degli incroci professionali mancati, ma senza rimpianti. C’è tanta contentezza per aver lavorato in ambienti solidi: “Ognuno di noi nel suo percorso ha i rammarici. Ho fatto 5 volte la B vincendola 4, andrò verso la 700partita di A e ho 70-80 partite tra Champions ed Europa League. Nel mio momento più esponenziale avrei potuto lottare per lo scudetto, non voglio fare i nomi però. Do il meglio se mi sento bene dove sto e quindi alla Fiorentina per me era una grande, ero con i Della Valle, una famiglia straordinaria. Sono stato 10 anni a Casarano con i Filograna, 12 anni a Lecce con Semeraro e Sticchi Damiani, se io sto bene con una proprietà e con una città che mi sopporta e supporta, so dire di no anche a certe richieste. Non me ne faccio un cruccio, decido col cuore di più”.
L’ultima domanda è su Guillermo Giacomazzi, portato come giovane di belle speranze da Corvino al Lecce e oggi vice di Daniele De Rossi alla Roma: “Guillermo lo portai insieme a Chevanton nel mio primo ciclo a Lecce, sono stati due scelte straordinarie sotto l’aspetto tecnico e soprattutto sotto l’aspetto comportamentale, professionale. Guillermo era nello stesso periodo di Chevanton al Danubio. Lui giocava nel Bellavista, una squadra minore. Ebbi coraggio nel portare due calciatori dal Bellavista e dal Danubio, alternative rispetto al Penarol in Uruguay, in A. Sono ragazzi straordinari e sono felice per lui come uomo se la carriera sta prendendo una piega importante”.