Corrado Iurlano parla di “solito Lecce” nella partita contro il Genoa: “È partito benissimo, all’inizio li vedevo molto più reattivi rispetto al Milan, abbiamo aggredito un po’ di più le partenze di gioco da parte del Genoa e quindi avevo un po’ di fiducia. Poi dopo purtroppo abbiamo beccato due gol che si potevano benissimo evitare con un po’ di concentrazione in più. Si è sperato nella ripresa e purtroppo si è vista la differenza tra un Genoa che vince 2-0 e noi che vincevamo 2-0 contro il Milan che ha recuperato tre gol, mentre noi ne abbiamo fatto solo uno. Questa è la differenza di valori tecnici, di qualità che in serie A si nota”.
SALVEZZA. “Sono molto fiducioso perché dietro di noi poi vedo delle altre squadre molto meno attrezzate o almeno sono attrezzate, ma stanno un po’ più nei guai rispetto a noi. In serie A, però, non si può mai dire, quindi dobbiamo contare solo sulle nostre forze e reagire. Noi ne abbiamo visti in famiglia tanti di questi campionati, è dura l’impresa che stanno tentando di fare Saverio Sticchi Damiani, tutto il gruppo degli amici soci, Pantaleo Corvino. È un’impresa ardua, ma io spero che venga battuto anche il record di mio padre perché Lecce e la città se lo meritano di rimanere per la quarta volta in Serie A. Speriamo bene”.
LECCE-ROMA DALLO SCUDETTO NEGATO AD OGGI. “Abbiamo visto piangere tanti amici romani. Mio padre e Dino Viola erano molto amici. Facevamo le vacanze insieme a Cortina. Mio padre in quel periodo aveva un po’ di risentimento con la Juve, con Boniperti mentre legava tantissimo con Viola. La famiglia Viola ci fece una festa appena promossi in Serie A in un ristorante a Cortina. Le nostre famiglie mangiarono insieme tra feste e abbracci e alla fine aprimmo le torte. Arrivarono due torte, una con l’immagine della lupa della Roma e l’altra con la lupa del Lecce. Il presidente Viola disse a mio padre: “Franco, se permetti, per l’anzianità tagliamo prima la Roma”. Prese il coltello, tagliò una fetta della torta della Roma e poi porse il coltello a mio padre e gli disse a “Franco, taglia tu adesso”. Papà iniziò a infilare il coltello e non entrava. Era durissima questa torta. In poche parole gli fecero uno scherzo. Girarono una padella, la decorarono solo con lo stemma del Lecce e i romanisti in coro dissero “È dura la serie A!”. Fu un momento bellissimo che racconta dei rapporti che c’erano fra le due famiglie. Se avessimo voluto fare un favore avremmo avvantaggiato la Roma, ma i ragazzi pur già retrocessi si giocarono la partita e andammo a vincere. Per dire quanto era pulito quel calcio… Certo, dopo non sentimmo più Viola al telefono…”
UN RICORDO DI FRANCO JURLANO. “Papà è stato un presidente e un uomo molto sanguigno. Non esistevano le mezze figure per lui, le persone o erano simpatiche o antipatiche. Diceva quello che pensava. Raramente riusciva ad essere diplomatico perché era un uomo sincero, onesto, che diceva sempre quello che meritava l’interlocutore di fronte. Era un semplice geometra, non avevamo multinazionali alle spalle, in condominio vivevamo e in condominio continuiamo a vivere. Non ci siamo arricchiti da questa parentesi di quasi vent’anni, mio padre ha dimostrato da buon padre di famiglia che amministrando con onestà si possono raggiungere obiettivi anche senza avere grandi capitali alle spalle. Io ricordo tante battute che gli facevano i Matarrese. A livello sportivo eravamo i più grandi nemici. A livello di federazione hanno gestito la presidenza della Lega e sono arrivati a grossi vertici in federazione. Quando si mettevano insieme a livello politico facevano tremare tutte le mura del calcio italiano. Sul piano sportivo, spesso e volentieri i Matarrese sfottevano mio padre chiedendo “Ma come cavolo hai fatto a fare una squadra con quattro soldi? Noi abbiamo speso sempre milionate e voi state sempre più avanti di noi!”. Noi sorridevamo. Quella che faceva mio padre con Cataldo è un po’ la politica che adesso sta rifacendo Saverio con Pantaleo Corvino, cioè investire sui giovani, anche se in quel periodo i giovani del Lecce erano tutti salentini. Noi abbiamo fatto esordire sette giocatori nel 1985 in Serie A e mio padre gongolava quando parlava del settore giovanile del Lecce. Ci siamo sempre autofinanziati. È un po’ la politica che adesso stanno facendo e continuano a fare Saverio e company e ben venga perché vuol dire che questi insegnamenti sono serviti. Quest’anno è il quarantennale della prima volta del Lecce in serie A. Mi sentirò con Saverio per organizzare un bell’incontro con gli eroi del 1985 e ricordare alle nuove generazioni quello che i nostri genitori fecero nel lontano 1985″.
QUALE PARTITA LO HA EMOZIONATO DI PIU’. “Ce ne sono tante, soprattutto i derby, quando vincemmo con il gol di Vincze a Bari, ma ci sono tanti episodi all’interno degli spogliatoi e forse adesso sono cadute pure in prescrizione cose che quindi si possono pure raccontare… Ho la fortuna di essere ancora in contatto con i calciatori dell’85 in questa chat comune, sono simpaticissimi perché ancora si sfottono uno con l’altro, si raccontano i ricordi. Sembra di stare ancora negli spogliatoi insieme a loro. Sono dei ricordi bellissimi.”
STORIA. “Il Lecce è stato precursore in Italia perché quel pazzerello di mio padre costituì per la prima volta la società per azioni senza scopo di lucro. Fu il Lecce ad avere la prima società per azioni a livello italiano. Il Lecce ebbe il primo direttore sportivo, allora non esisteva questa figura e la impersonò Mimmo Cataldo. Il Lecce fu il primo club ad avere un direttore marketing con Roberto De Donno. Il bilancio del Lecce fu certificato da una delle società della Consob e fu studiato da tantissimi amministratori a livello di serie A e a livello professionistico. Papà fece una relazione a Coverciano dove si parlò per la prima volta di un bilancio di una società di calcio, allora non esistevano proprio. Nel nostro piccolo siamo stati precursori di tante piccole cose, papà fece innumerevoli battaglie a livello di federazione e di Lega come quella per i diritti televisivi. Adesso tutte le società usufruiscono di questi vantaggi, ma il pazzo che battagliò per avere tutti questi introiti è stato Franco Jurlano”.
PRESIDENTE E ALLENATORI. “No, lui non si intrometteva mai nella parte sportiva. Gli piaceva solamente quando c’era bel gioco, ma quando si doveva fare il risultato non esisteva bel gioco. L’importante era portare a casa un risultato. Per riportarci ai tempi nostri, noi adesso abbiamo bisogno di cominciare a pensare meno a fare bella figura e più a portare qualche punticino a casa perché ci servono 8-9 punti. Secondo me la quota salvezza dovrebbe essere più bassa rispetto a quella degli anni passati. Prima facciamo questi punticini, prima cominciamo a respirare”.
LA FINE. “Papà fu costretto a lasciare per una brutta malattia che beccò a inizio del 1993. Purtroppo fu colpito da un brutto tumore alla laringe. Pensò subito, come al solito da buon padre di famiglia, a sistemare tutto il bilancio, a togliere tutte le firme di debito dalle banche. Lasciò il Lecce con un record di incasso, mi pare fu un Lecce-Milan. Salutò un po’ tutti i suoi soci, li liberò da qualsiasi impegno bancario. La società era florida, non aveva alcun debito ed era in super attivo. Dovette lasciare perché i medici all’oscuro di lui mi dicevano che avrebbe fatto la trasferta a Parma nell’ospedale locale e avrebbe fatto una sola andata. Noi lo convincemmo a lasciare il Lecce, a pensare a curarsi e riuscì a debellare anche questa brutta malattia. Ricordo che la squadra con Sonetti venne a trovarlo a Parma in ospedale, fu veramente commovente. Papà non poteva neanche parlare perché fu operato alle corde vocali, gli tolsero tutto e riusciva a parlare solo con l’epiglottide. Lasciò con la coscienza a posto come al solito da buon amministratore e buon padre di famiglia senza alcun debito. Lasciò ai due vicepresidenti che erano allora Bizzarro e Caiaffa. Purtroppo le cose non furono gestite come le gestiva mio padre e sprofondarono in B e poi in C. Dopo l’operazione tentò di riprendere le redini ai tempi di Semeraro, ma questi non volle vendere. Mio padre voleva ancora battagliare per il bene del Lecce. Se avesse avuto la possibilità avrebbe continuato”.
SEMERARO. “I due stili sono totalmente differenti perché Giovanni Semeraro aveva grandi possibilità economiche, ha speso tantissimo nel mondo del calcio. Rivedo in lui un po’ quello che facevano i Matarrese e spendere tante volte non significava avere garanzie di risultati. Dopo di lui ci sono stati i Tesoro che secondo me non avevano alcun interesse a ritornare in serie B. Ci furono brutte critiche da parte dei tifosi perché si era ritornati al periodo della eterna serie C del Lecce. A un certo punto di critiche aspre i Tesoro dissero ‘Ci sono solo critiche, ma dove stanno gli imprenditori salentini?’ Là impazzii, forse un po’ per il DNA di famiglia, e mi presentai da Tesoro in rappresentanza di un gruppo di imprenditori salentini per cominciare a capire se davvero volevano vendere. Alla fine poi si rivelò tutto un bluff perché Tesoro voleva solo rimanere in serie C e fare i suoi interessi. Non pensava alla storia del Lecce. Saverio è stato bravissimo a ricostruire un po’ tutto e a rinverdire le cose che precedentemente aveva fatto con la storia mio padre”.
SUD. “La piazza di Lecce è molto sanguigna, molto umorale. Quando le cose vanno bene siamo tutti stracontenti. Quando purtroppo vanno male rimangono pochi intenditori che capiscono i miracoli che si fanno a livello di piccola provincia. Guardate intorno a noi, Taranto, Brindisi, Foggia, la stessa Bari che sta dietro di noi e soffre ed è diventata una colonia napoletana. Nel centro sud rappresentiamo la seconda squadra in serie A. Purtroppo non c’è più in giro gente che getta via i soldi tranne questi grossi fondi stranieri. Guardate il Como, è la squadra più ricca d’Italia, a livello europeo è una delle prime. Sono abituati a gettare via milionate per comprare dei giocatori per una provinciale. Como, a livello di provincia, è forse minore di noi come abitanti, ma ha un alto livello di imprenditori e industrie”.
LA NUOVA SOCIETA’. “A Lecce guida il sacrificio di poche persone che non vogliono, giustamente, gettare via denaro e soppesano un po’ tutte le spese. È giusto continuare la politica che si faceva allora con i giovani. Si valorizzano, si vendono, vedete l’affare Pongracic o Dorgu, sono quelli che ti fanno mantenere a certi livelli a livello professionistico. Tocchiamo ferro, ma se dovessero succedere delle cose che nessuno di noi vuole la società rimarrebbe talmente forte da poter ambire subito ad una promozione. Bisogna avere le spalle larghe. L’organizzazione è perfetta perché alla fine creare un centro sportivo da noi, al sud, è un fatto unico che potrebbe valorizzare molto di più tutte le squadre giovanili per far crescere i nostri talenti salentini”.
CALCIO SALENTINO. “A livello italiano il nostro entroterra ha tanti ragazzi validi. Bisognerebbe solo allontanare i genitori. Ricordo che mio padre li cacciava quando si lamentavano che il figlio stava in panchina. Mio padre era pazzo perché ai giovani diceva “Prima di tutto dovete studiare e se non andate bene a scuola automaticamente uscite fuori dalla famiglia Lecce”. I più volenterosi, quelli con la testa sul collo, i più equilibrati come Moriero, Conte, Toto Nobile e Luperto hanno fatto strada, erano tutti ragazzi bravi e seri che hanno dimostrato sia in campo e fuori il loro valore”.
SALUTO. “Devo solo fare un in bocca al lupo all’attuale società e ricordare quello che avrebbe fatto mio padre. Avrebbe gridato un po’ di più a livello di federazione perché questi arbitri stanno esagerando in certe partite e nel momento del bisogno avrebbe raccolto un po’ tutti i calciatori. Sicuramente li avrebbe mandati in ritiro dopo la terza o quarta sconfitta e avrebbe chiamato Bruno Petrachi a fare qualche stornellata per raccogliere l’ambiente e automaticamente fare gruppo. Comunque Saverio sa quello che deve fare e sicuramente faranno di tutto per raddrizzare la barca”.