La vittoria per 3-2 conquistata sul campo della Roma, il 20 aprile 1986, è passata alla storia, non solo del Lecce, ma anche del calcio.
La formazione capitolina aveva agganciato in testa alla classifica la Juventus e sembrava lanciata verso lo scudetto. Invece, il complesso diretto da Eugenio Fascetti scrisse una incredibile pagina di sport, facendo calare il gelo sull’Olimpico. Alberto Di Chiara ricorda quella gara nell’intervista (curata da Antonio Calò) concessa a La Gazzetta del Mezzogiorno.
GRANDE ENTUSIASTMO A ROMA. «A Roma c’era un entusiasmo straordinario, allo stadio, per il testacoda con il Lecce, accorsero in 90mila. Prima dell’incontro, il sindaco Signorello fece il giro di campo accanto a Viola, presidente del club. Tutti ci indicavano per sconfitti, dinanzi ad uno schieramento che era in splendida forma, ricco di calciatori di alto livello come Pruzzo, che vinse il titolo di capocannoniere, Bruno Conti, Graziani, Giannini, Ancelotti, Boniek, Nela, Tancredi. Il nostro obiettivo era quello di fare una buona figura, giocando la nostra partita, dando il massimo”.
GRAZIANO SBLOCCO’ SUBITO LA PARTITA. «Ma poi accadde ciò che nessuno avrebbe mai e poi mai potuto immaginare. I nostri avversari probabilmente commisero un grave errore di valutazione, pensando che fossero già al sicuro e, al contempo, quando le cose per loro si ingarbugliarono, furono presi dalla paura di non farcela. Accadde che io pareggiai di testa, nell’ultimo quarto del primo tempo. Ad un nulla dall’intervallo, Barbas raddoppiò su rigore. Al rientro in campo, lo stesso centrocampista argentino, servito da me, realizzò il gol del 3-1. La Roma ebbe una reazione rabbiosa, puntando però più su azioni individuali che d’assieme. Negretti, il nostro portiere, sfoderò grandi parate, capitolando solo sul finire della gara, quando Pruzzo ridusse le distanze. Di fatto, il sogno-scudetto dei giallorossi capitolini si infranse contro il Lecce ed il risultato fece naturalmente grandissimo scalpore».
CI FURONO POLEMICHE SU PRESUNTE PRESSIONI DELLA JUVE SUL LECCE PERCHE’ VINCESSE A ROMA. «Solo falsità. Nessuno avrebbe potuto pensare che avessimo le forze per espugnare il terreno della Roma. Il risultato fu il frutto di quelle circostanze e di quelle situazioni che contribuiscono a rendere imprevedibile il calcio, trasformandolo in uno sport affascinante, nel quale ciclicamente si registrano risultati clamorosi».
ESORDIO CON LA ROMA. «Con la Roma avevo esordito in A quando avevo 16 anni e mezzo, nel 1981, anno nel quale vincemmo la Coppa Italia. Con la casacca del team capitolino ho firmato la mia prima rete in massima serie. Quando si va in campo, però, non si pensa a queste cose. Si cerca sempre e comunque di dare il meglio».
LECCE STAGIONE 1985-86. “La nostra formazione affrontò il campionato da matricola assoluta. Pagammo l’inesperienza ad alti livelli, retrocedendo. Del resto, all’epoca il massimo campionato italiano era ricco di calciatori di altissima caratura e si avviava ad essere il torneo più importante al mondo, com’è stato per anni, con tutti i campioni più osannati che indossavano la maglia delle nostre società».
CALCIO DI OGGI. «La serie A è la terza industria italiana. Quindi suppongo che la stagione verrà portata a termine, ma solo quando lo si potrà fare con la certezza assoluta di tutelare la salute di tutte le componenti del calcio, come della popolazione. La priorità è il bene di tutti».
