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Cassetti a CL: “Io terzino con Zeman? Stavo per andarmene. Mi disse ‘se non arrivi in Nazionale sei fallito'”

Marco Cassetti, ospite della nostra diretta, parla con molto piacere della stagione 2004/2005, quella della salvezza raggiunta con Zeman. Aneddoti, il campionato e anche aspetti critici nella chiacchierata con i nostri redattori.

SOFFERENZA IN RITIRO. “Il primo approccio con Zeman quando mi propose di arretrare a terzino? Bruttissimo, e vi spiegherò. Non torno sui metodi duri di preparazione, devastanti. Fu il mese più lungo della mia vita tra corse e gradoni. Mangiavamo qualcosa di nascosto. Tutto era proibito. Si mangiava pochissimo, soprattutto i primi giorni. Mangiavamo passati di verdura e poco altro. Ci dicevano che erano giorni importanti per pulire l’organismo Di nascosto, compravamo qualcosa al supermercato”.

TATTICA E UNA CHIAMATA DECISIVA. “Ricordo le prime amichevoli nel post-ritiro a San Giovanni Rotondo. Dovevamo giocare queste gare e io non giocavo. Io già non avevo preso bene il cambio di posizione da centrocampista a terzino. Con Delio Rossi ero sempre nell’area avversaria, mi piaceva star lì. Zeman, giustamente, però mi ha adattato lì anche se non mi garbava la cosa. In più, noi due non ci prendevamo all’inizio. Spesso litigavamo e questa cosa delle amichevoli a San Giovanni Rotondo non mi andava giù. Chiamai Corvino dicendo ‘direttore dobbiamo sistemare ‘sta cosa, se sono d’intralcio sistemiamo e vado via’. Il d.s. mi rassicurò sulla visione che di me aveva ZZ. Dopo la chiamata andai dal mister e ricevetti la sua fiducia. Zeman mi disse ‘se quest’anno non arrivi in Nazionale sei un giocatore fallito, hai tutte le capacità per poterlo fare e mancare l’azzurro sarebbe una delusione‘. Da lì cambio tutto, dal mio approccio al ruolo ad altri fatti. Ed andò bene, come sapete…”.

LA COESIONE. “Non c’è stato un momento dove percepivamo l’asticella da raggiungere. E’ normale che un calciatore pensa sempre in alto quando si trova lì. Ogni giocatore si legava l’un l’altro benissimo e poi davanti c’era grandissima qualità: Bojinov, in stato di grazia, Vucinic, che fece 6 gol da panchinaro nell’andata, Pinardi, un grande esterno atipico bravo a rifinire, Babù, rapidissimo e abile in numeri da circo; a Messina fece cose incredibili come nella doppietta segnata alla Lazio”.

IL CALO E L’EUROPA MANCATA. “Sapevamo che per fare bene dovevamo continuare così, ma c’è anche da dire che dopo gennaio abbiamo avuto un calo fisico. C’era molta differenza tra il primo tempo e il secondo. Nei primi 45′ tenevamo ritmi altissimi, poi crollavamo. Se gli avversari mantenevano il risultato il bilico alla pausa, ci creavano tante difficoltà. Non essendo bravi nella fase difensiva, poi, andavamo incontro a risultati particolari. E’ quello il succo del discorso. E’ normale che un giocatore vede il traguardo vicino quando si è lì, ma dall’altra parte è vero che facemmo fatica in quel momento della stagione”.

PICCOLA CRITICA. “Oggi sono un allenatore e, ricordando quella stagione, un consiglio l’avrei voluto dare al mister. La gestione del gruppo di Zeman non era ideale: aveva i suoi fedelissimi e basta. E lo dico da titolarissimo qual ero. Anche i calciatori meno impiegati si mettevano costantemente a disposizione, salvo però sorbirsi delle maniere brusche dall’allenatore. Io, da titolare, provavo a immaginare il loro stato d’animo. Mai presi in considerazione e poi rimproverati. Secondo me, quando si riesce a tenere tutti ben concentrati, in determinati momenti da febbraio in poi, potevamo beneficiare della freschezza di tanti ragazzi e spingere in alto. Giocavamo in dodici-tredici. Eremenko ad esempio faceva la differenza in Nazionale, mentre da noi faceva fatica a entrare negli schemi. Doveva essere lasciato libero di interpretare il suo modo di giocare.”

LA NAZIONALE. “La convocazione azzurra (arrivata nel marzo del 2005, ndr) fu il coronamento di un sogno. Fu meraviglioso, sei accolto alla grande come tutti i grandi calciatori della Nazionale. Un momento bellissimo. All’esordio (Cassetti giocò anche Ecuador-Italia 1-1 a giugno dello stesso anno, ndr) fiorai il gol di testa nel secondo tempo, un difensore dell’Islanda salvò il pallone sulla linea. Se sono orgoglioso di esser stato l’unico calciatore del Lecce in azzurro? Sì, per me è un orgoglio e credo sia un orgoglio anche per il Lecce. Sono orgoglioso, lo ripeto, e geloso di questo. Falco in Nazionale? Sarei contento per lui, ma io rimango sempre il primo. Zeman non mi disse niente dopo la promessa fatta in estate dopo San Giovanni Rotondo. Si divertiva molto con gli attaccanti”.

Qui l’intera puntata

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