Cinquantuno anni, passato da affidabile difensore e presente da allenatore, Sebastiano Siviglia ha conosciuto l’ambiente Lecce con entrambe le vesti. Quella del calciatore nella trionfale annata 2003/04 conclusa con una salvezza strameritata, quella da tecnico della Primavera dal 2018 al 2020. Di questo e non solo ne ha parlato in esclusiva per noi.
Un anno in giallorosso, il 2003/04, ti ha visto protagonista con uno dei Lecce più forti di sempre. Eppure non fu subito facile: come mai le difficoltà iniziali e cosa cambiò ad un certo punto?
“Come sempre bisogna contestualizzare per avere maggior presa. Eravamo una neopromossa, pur forti di un patrimonio embrionale importante che poi ha mostrato tutti i suoi frutti in seguito. Guardando però con la lente d’ingrandimento vediamo che c’erano un 17enne Bojinov, un 18enne Konan, ventenni come Vucinic, Chevanton, Amelia, Bovo o Ledesma. La loro qualità è venuta fuori, ma eravamo giovanissimi ed inizialmente abbiamo sofferto oltre al salto di categoria in sé. La bravura di Corvino emerse anche in quel caso, non mandando via Delio Rossi perché credeva molto nel suo lavoro e nel progetto tecnico. A gennaio con Sicignano, Bolano e Franceschini c’è stata quell’esperienza in più per emergere e far emergere anche quei campioni che già c’erano. Poi è arrivata una consapevolezza inimmaginabile ad inizio campionato, vedi il record di gol di Cheva. La splendida realtà è stata creata proprio in questa stagione a due facce in cui ognuno ha fatto il suo. La società non ha perso la barra, l’allenatore ci ha dato fiducia e noi calciatori abbiamo dato grande voglia, trascinando tutto l’ambiente e ottenendo un risultato importante”.
Anche oggi il Lecce si gioca qualcosa di prestigioso sorretto da una società che hai potuto conoscere da vicino. Come descriveresti il club salentino?
“E’ un club virtuoso, con una proprietà del posto che è fattore importante, una rarità. Saverio Sticchi Damiani è un grande presidente che ha fatto e sta facendo un gran lavoro. Con l’aiuto di Corvino, direttore straordinario dalle grandi capacità. Non è facile essere una società sana, locale e tenersi ad alto livello. E le chance di salvarsi ci sono tutte. Anche con situazioni come quella di Dorgu, che in questo modo arrivano solo a dicembre ed a cui è difficile dire di no perché poi non sai se in estate certe offerte vengono confermate. Plusvalenze così importanti non si possono lasciar scappare”.
Passando al campo, che opinione hai del Lecce di Marco Giampaolo? Credi raggiungerà il suo obiettivo?
“Penso che ce la farà a salvarsi. La società non ti mette pressione, l’ambiente fa star bene. E’ vero che a volte ci sono dei mal di pancia, ma sono tranquilli e relativi perché non figli della voglia di distruggere ma del tenerci. I tifosi hanno sempre risposto, mostrando vicinanza ad esempio con gli abbonamenti staccati in gran numero. E’ chiaro che certi numeri alzano le aspettative, ma squadre come il Lecce hanno bisogno delle ultime partite per salvarsi. La salvezza si deciderà nelle ultime 7-8, però non bisogna neppure lasciarsi scappare eventuali occasioni. Probabilmente manca un apporto maggiore in zona gol, ma il Lecce gioca bene e potrebbe raccogliere di più. I giallorossi mi hanno impressionato a Parma per la qualità dimostrata sotto più aspetti”.
La squadra ha però un difetto importante che cozza un po’ con la sua storia, ovvero gli appena 2 punti ottenuti con squadre della parte sinistra della classifica. Il tuo Lecce, nonostante un divario tecnico ancor più elevato ai tempi, costruì di fatto la sua permanenza vincendo in casa Juve, fermando il Milan Campione d’Europa e ottenendo la salvezza matematica con l’Inter. Qual è la tua valutazione in merito?
“Ogni stagione è sicuramente storia a sé, non bisogna troppo sovrapporsi al passato perché sarebbe un errore. Spesso dietro a certi risultati ci sono gli episodi, pensiamo a Lecce-Udinese. Sarebbe molto probabilmente stato pareggio, ma quel rigore incredibile, che anche rivedendolo lascia perplessi, ha tolto un punto alla classifica. E perdere, si sa, porta poi sempre ulteriori problematiche. Con la Fiorentina ho visto però una squadra viva, che gioca e pronta a dar battaglia. Serve ridurre gli episodi negativi anche riducendo gli errori. Serve cuore caldo, in questo caso mi ricollego al mio Lecce perché appunto l’avere cuore caldo sempre fu una prerogativa che ci consentì di non mollare mai nei momenti difficili e di andarci a prendere la permanenza grazie alla grande cavalcata del girone di ritorno”.
Dal Siviglia calciatore al Siviglia allenatore, anche quello passato da Lecce. Che stagioni sono state le tue da tecnico della Primavera?
“E’ stata un’esperienza positiva. Fa parte del percorso di un allenatore fare esperienza con i giovani. Siamo riusciti a centrare in un anno i playoff, poi siamo stati bloccati dal Covid. La mia era una ‘Nazionale Salentina’, venivano tutti dal posto. E’ stato straordinario vederli primeggiare in un campionato nazionale come la Primavera 2. Ora si cerca qualcosa di diverso, con Corvino c’è la necessità di sapersi autofinanziare e serve ricercare profili importanti per la massima categoria giovanile, da coltivare in casa per poi utilizzare presto in prima squadra. Oggi c’è un insieme di giocatori che arrivano da tutto il mondo grazie allo scouting di Corvino. L’allenatore deve essere poliglotta ma può anche avvalersi di elementi di qualità assoluta che magari con altre strategie non ci sarebbero”.
Lo stesso direttore Corvino ha evidenziato come il territorio salentino sia attualmente arido sotto il profilo delle potenzialità da offrire ad un club come il Lecce in termini di giovani promesse. Tu che ci hai lavorato come hai trovato tale contesto?
“Io non credo che il Salento non sia in grado di proporre campioni. Possono nascere qui campioni come in tutto il mondo. Però è chiaro che se ho bisogno, al momento, di un giocatore che possa essere un affare per la società, io lo vado a prendere anche nel Polo Nord. Poi credo che salentini che possono diventare campioni ci siano, ma vanno coltivati con il lavoro. Quando devo allestire una formazione Primavera bisogna attingere dove si vede maggiore qualità ed è a questo che credo si riferisse Corvino. Il Salento in passato ha sfornato tanti campioni, oggi in un calcio globalizzato si può intercettare maggiormente giovani di potenziale scovando e cercando bene un po’ ovunque”.