L’allenatore giallorosso si confida al Corriere della Sera in un’intervista a tutto tondo che affronta più temi, dal passato al futuro, tenendo ben presente che il presente si chiama Lecce.
FILOTTO CON JUVENTUS, INTER E NAPOLI. “Gli ingredienti sono due: armonia e voglia di migliorarsi. L’armonia te la dà una società che crede nelle tue idee, uno staff con il quale prima di ogni partita ci si chiede se è stato fatto tutto il necessario per prepararla a dovere. La voglia di migliorare te la trasferisce lo studio, la ricerca dei dettagli, l’analisi accurata, in particolare dopo un risultato negativo, di eventuali errori o lacune. E così si cambia, si cresce”.
LAPADULA, SAPONARA, BARAK. “Sono giocatori di qualità. Dovevano annusare la possibilità di tornare a buoni livelli. Sono stato schietto con loro. Ho spiegato in che modo potevano esprimere le doti di cui dispongono, esaltandole attraverso la continuità dell’allenamento. Il motore di un calciatore è la testa. Quando la riaccendi, ripartono pure le gambe”.
SI PARLA POCO DI LIVERANI? “Per nulla. Da persona serena, bado al mio lavoro. Penso che le somme vadano tirate alla fine, non a campionato in corso. Il mio stile è un vecchio adagio: le cose arrivano a chi sa aspettarle”.
LECCE POSTO MAGICO. “È una città dove si vive e si allena bene. La società è composta da gente straordinaria, ho un bel rapporto con i tifosi. E poi ci sono luoghi che ti restano dentro. San Foca. Quando sale la tensione prima di una partita importante, io ei miei collaboratori andiamo a stemperarla li. Ci sediamo attorno a un tavolino, di fronte al mare, e mangiamo un panino. Un posto magico”.
PUNTI DI RIFERIMENTO. “Non ho un mister bussola. Ho imparato da coloro che ho avuto da calciatore, cercando di non replicarne gli errori. E rubo segreti persino agli istruttori della mia scuola calcio, a Roma, che addestrano ragazzini nati nel 2009 o nel 2010”.
ALLENATORE TOP. “Per i fenomenali progressi del Liverpool, direi Klopp. Ma confesso il mio debole per Guardiola. Non tanto per i trionfi o il calcio che propone, quanto per l’ossessiva voglia di sperimentare che lo contraddistingue. Rimanere umili e cercare traguardi, come insegnava mamma, è il calice a cui abbeverarsi nella vita”.
FAMIGLIA DI ORIGINE SOMALE. “Mio nonno era un ministro del governo somalo. La situazione precipitò. Lei scappò giovanissima e giunse a Roma dove conobbe mio padre. Il mondo si divide in uomini giusti e sbagliati. I giusti vanno aiutati e messi nelle condizioni di integrarsi nel nostro Paese, gli sbagliati no. Fondamentale è che la politica stabilisca regole chiare e che chi sbarca da terre lontane si attenga a queste regole”.
FUTURO. “A Lecce non manca niente. Ma sarei ipocrita se non dicessi che mi piacerebbe toccare i massimi livelli. Ho avuto la fortuna di crescere a pane e pallone. Non ho mai litigato con un presidente per 10 mila euro in più o in meno di ingaggio. Ciò che conta è non snaturarsi e apprezzare quel che si ha. Come il Lecce, senza tuttavia mai sentirsi arrivati”.