In un clima surreale e con qualche novità sostanziale, la Bundesliga è tornata in campo nel primo pomeriggio di oggi. Ecco come.
Attesa quasi come la finale di un mondiale, la Bundesliga tedesca ha ripreso le ostilità ufficialmente alle 15.30 di oggi. Il torneo tedesco è il primo, tra quelli di rilevanza internazionale (preceduto solo dalla Premier League delle Far Oer), riaprire dopo lo stop obbligato causa pandemia. Anche per questo, e non solo perché offriva le prime vere gare di calcio live dopo mesi (con tutto il rispetto di Bielorussia, Tajikistan e Nicaragua), ha avuto, ed avrà a lungo, gli occhi del mondo addosso come mai prima d’ora. Ma come sono andate le prime cinque sfide disputate della ventiseiesima giornata?
TUTTO (O QUASI) NELLA NORMA. Fondamentalmente, le gare giocate a Dortmund, Augsburg, Dusseldorf, Hoffenheim e Lipsia sono state gare vere, normali. Nel senso che gli effettivi in campo non sono sembrati risentire particolarmente del lungo stop, né delle varie quarantene, controlli speciali e iter modificati. Si sono visti falli, qualche scaramuccia, gol. Così come strette di mano, batti cinque, abbracci e qualche sputo, sebbene tutto in forma ridotta rispetto al solito.
TIFOSI DI CARTONE. Chiaramente la vera e più tangibile novità, nonché l’unico grande segno di rottura rispetto alla normalità, è il silenzio, il colpo d’occhio desolante dell’assenza dei tifosi. Reso ancor più strano dal rapporto con la media spettatori che di solito caratterizzava una Bundesliga capace di riempire interamente ogni impianto. E invece clima surreale, le sole urla di tecnici e calciatori a rompere l’assenza di suoni e…i tifosi di cartone. Come quelli messi qua e là a Dusseldorf. O come i tori rossi dallo sguardo minaccioso piazzati sul primo anello dello stadio di Lipsia per rendere meno desolante lo scenario.
MASCHERINE. Ma la cosa forse più strana è stata la continua visione di mascherine, un po’ ovunque. Calciatori, tecnici e arbitri gli unici esenti. Per il resto dispositivi di protezione per tutti: tecnici video, raccattapalle, cameramen, collaboratori degli allenatori. Almeno la maggior parte erano mascherine personalizzate. Quel tocco di colore per rendere meno triste una situazione a cui un po’ tutti, volenti o nolenti, ci dovremo abituare.
Un modello da replicare in Italia.