
La prestazione perfetta di domenica suggella un processo di ritorno in condizione coinciso con il totale ripianarsi delle frizioni con la società.
Domenica contro l’Entella lo abbiamo pensato veramente tutti: “Cosa c’entra Marco Mancosu con la Serie B? Siamo davvero fortunati ad averlo”. Sì, perché il Mancosu cresciuto e perfezionato (dal, con il e per il Lecce) in questi anni è effettivamente tutto in quella gara in cui ha dimostrato le sue qualità, la sua corsa e la sua fame da leader e trascinatore. Una gara praticamente perfetta.
Andando ad analizzarla, viene davvero difficile sia trovare un suo errore, sia pensare un Lecce diverso da quello con il capitano fulcro del gioco offensivo, ad agire tra le linee. Il Mancosu trequartista atipico, più sostanza ed intelligenza tattica che qualità, è una garanzia di equilibrio. La corsa “alla Kakà” (vedi raddoppio) che ci ha messo nel trasformare le azioni da difensive a offensive non l’ha mai risparmiata per ripiegare. Offrendo sempre una sponda per il palleggio, per il dare aria al gioco e per il raddoppio sui portatori di palla avversaria.
Non che la qualità manchi o deficiti. Anzi, in un campionato come la Serie B non è più una sorpresa come due anni fa, ma una certezza, segno che l’exploit dell’anno scorso in A è stato solo per il percorso particolare avuto in carriera. Non, certo, per una stagione fortunata. E così ecco fioccare punizioni insidiose, cross con il contagiri, conclusioni con ambo i piedi ed anche un rigore calciato e realizzato tre mesi da Udine. Magie a non finire.
La condizione ormai c’è, eccome. E c’è anche quella voglia, sopita da fisiologici attriti in sede di mercato e contratto, di essere se non una bandiera certamente un simbolo del Lecce dell’ultima epoca. Quel che è stato è stato. Ora c’è un Mancosu carico di dimostrare che lui, ed i giallorossi, in Serie B sono solo di passaggio.
