Le richieste di grinta ed intensità del tecnico stanno diventando un fattore per il Lecce, che con il Chievo si è preso con le unghie i tre punti sul gong.
Per la prima volta con Corini alla guida, il Lecce conquista una vittoria allo scodare. Tre punti sofferti, sudati e meritati, perché i giallorossi hanno prodotto più degli ottimi avversari e perché la vittoria arrivata in quel modo non è certo frutto del caso. Al di là della tattica, c’è un discorso di grande mentalità. Il tutto racchiuso della fame e nella grinta del mister.
Chi, come chi scrive, ha potuto vedere dal vivo la maggior parte delle uscite del nuovo Lecce targato Eugenio Corini, ha notato da subito una sostanziale differenza rispetto al recente passato: la costante ricerca dell’intensità. La quale non si traduce solo in una mutata gestione del possesso palla, molto più verticale e meno orizzontale, a ritmi più alti a prescindere dalla fase del match. Ma anche in una maggiore attenzione difensiva (al netto degli errori che restano) e, soprattutto, in una grinta più famelica.
Sì, perché il tecnico di Bagnolo Mella contorna ogni gioca dei suoi, sia essa difensiva od offensiva, di un sottofondo di urla a chiamare talvolta il pressing, talaltra il ripiegamento, o ancora il sostegno al forcing in attacco. Quest’ultimo aspetto è quello che ha portato, nel finale di un match, quello del Bentegodi, che sembrava destinato al pareggio, ad un guizzo finale che non è solo la giocata di un singolo. Tutt’altro.
Si guardi Listkowski. Oltre alle indiscutibili qualità del giovane polacco, lo stesso si è trovato ad essere trascinato dall’incitamento dalla panchina di Corini. Ha portato la freschezza richiestagli da quest’ultimo in ogni azione, soprattutto in quella del gol: una palla che sembrava persa, poi l’estirada del 19 giallorosso per servire Falco. Il resto è storia, con la qualità del singolo ad esaltare un atteggiamento che può portare lontano. E’ sempre più il Lecce di Corini.
