Il club giallorosso è, tra quelli del Sud Italia con almeno un’annata in Serie A all’attivo, l’unico a non essere mai andato in bancarotta negli ultimi 75 anni.
Il fallimento del Calcio Catania decretato negli scorsi giorni ha riportato in primo piano una questione che chiamare annosa è dire poco: quella delle difficoltà di fare calcio in un certo modo al Sud Italia. Infatti nel calcio moderno, quello degli ultimi decenni ma, per estensione, dal secondo dopoguerra in poi (ovvero quando si sono definiti regole e parametri base attuali), il risultato del campo non è più diventato l’unico obiettivo dei club. Questi hanno dovuto iniziare a fare i conti con l’aspetto economico per tutelare qualcosa di ben più importante dell’esito di un singolo campionato: il nome della città di cui sono rappresentanti.
E se c’è qualcosa che metta a repentaglio, o quantomeno macchi, la storia di una compagine societaria ancor più di un mancato trofeo o di una retrocessione, questa è proprio la sua scomparsa forzata. Andando ad analizzare il parametro socio-economico-culturale di riferimento del Lecce, ovvero il Sud Italia, un dato diventa lampante. Tanto da dover rendere orgoglioso ogni tifoso salentino più di ogni traguardo sportivo.
Quello giallorosso è l’unico club che negli ultimi 75 anni non è mai fallito né incorso in gravi inadempienze finanziarie di sorta. Un modello per tutte le regine del sud che hanno respirato l’aria dell’olimpo calcistico italiano, insomma.
Dalla cenerentola Benevento alla big Napoli, tutte sono infatti incappate in guai di natura economica che ne hanno cambiato in negativo, almeno sotto questo aspetto, la storia.
Partendo proprio dai sanniti, i quali vantano due stagioni all’attivo nel massimo campionato. Dal 1945 in poi i giallorossi di Campania sono incorsi in ben due fallimenti (1953 e 2005), una mancata promozione per motivi di natura economica (1946) ed una retrocessione per inadempienze finanziarie (1990). Sotto questo punto di vista pochi altri club attualmente tra i professionisti hanno fatto peggio.
Davanti al Benevento, con tre partecipazioni alla A Crotone e Salernitana. I calabresi hanno subito due fallimenti, datati 1979 e 1991. La singolarità dei casi sta nel fatto che i rossoblù sono sempre stati costretti a ripartire dalla Prima Categoria, dalla quale la società attualmente in piedi ha dato il “la” ad una clamorosa scalata fino alla recente Serie A. Doppio fallimento, e in epoca ben più recente, per i granata: nel 2005 il lodo Petrucci consentì loro la ripartenza dalla C1, ma nel 2011 il secondo default ravvicinato li costrinse alla prima D della loro storia.
A dir poco tribolata la storia societaria del Messina, cinque volte in Serie A. Oltre a tanti cambi di denominazione, rilevazione di titoli sportivi e fusioni, i siciliani annoverano ben tre fallimenti: nel 1998, nel 2008 e nel 2017. Da un giallorosso all’altro, guai finanziari hanno nelle ultime decadi scosso anche il Catanzaro. Per le Aquile del Sud, sette volte in A, libri in tribunale nel 2006 e nel 2011.
Restando in Calabria, la realtà con la maggiore confidenza con la Serie A è la Reggina. Nove stagioni al massimo livello per gli amaranto, ma anche un fallimento datato 2015. Un campionato di A e anche una bancarotta in più per l’Avellino. Il club biancoverde è stato per due volte costretto a ripartire dai dilettanti causa crac finanziario, nel 2009 e nel 2018. In quest’ultima occasione, va sottolineato, la chiusura della vecchia società fu tuttavia conseguenza di un’esclusione dai cadetti molto discussa a causa di venature burocratiche mai del tutto chiarite.
Due rifondazioni ma solo un fallimento, invece, per il Foggia. I dauni, per undici stagioni in Serie A, nel 2012 hanno subito un dissesto finanziario che ha portato poi al fallimento della società nel 2014. Solo scioglimento, invece, nell’estate del 2019, quando ai rossoneri non venne consentita l’iscrizione alla B causa mancata osservanza dei parametri Covisoc.
Tra le poche meridionali che hanno respirato aria di A più del Lecce c’è il Catania (17 stagioni). Gli etnei non erano mai falliti prima di quest’anno, anche se nel 1993 furono esclusi dalla Serie C1 a causa di gravi inadempienze finanziarie, come ribadito dalla FIGC, e dunque costretti a ripartire dall’eccellenza sicula pur mantenendo la matricola di riferimento. Sulla sponda tirrenica della Sicilia, il Palermo. Ben 29 stagioni in Serie A, ma anche due esclusioni dai professionisti causa inottemperanze fiscali che portarono ad altrettante bancherotte.
Gravi guai societari in epoca recentissima anche per il Bari. I biancorossi, trenta A all’attivo, vantano il non esaltante score di ben due fallimenti in quattro anni: nessuno ha fatto peggio. Nel ’14 i Galletti riuscirono a mantenere il loro posto in Serie B. Ma, a seguito del crac del 2018, furono relegati ad una Serie D che avevano già disputato due volte prima di allora.
In vetta alla classifica della tradizione di Serie A dei club meridionali il Napoli. Anche i partenopei, unica scudettata del meridione italiano, hanno difatti avuto a che fare con un fallimento che li ha costretti, per la prima volta nella loro storia, alla terza serie. Nel 2004, dopo anni di guai finanziari, un inevitabile crac che da un lato ha aperto le porte alla fortunata era De Laurentiis, ma dall’altra ha posto una macchia sulla gloriosa storia del club azzurro dal secondo dopoguerra in poi. Macchia dalla quale, nella stessa epoca, il Lecce è l’unica meridionale a vantarne l’esenzione.
Queste sono soddisfazioni , è facile acquistare a debito e poi fallire . Sia la famiglia semeraro e sia la cordata sticchi Damiani , veri modelli di eccellenza
Merito anche della famiglia Semeraro ❤️💛
a cui dobbiamo però una retrocessione per illeciti
Purtroppo le squadra sono aziende e come esiste la questione meridionale agische anche sul calcio bisogna ringraziare jurlano i semeraro e questa società che sta facendo dei miracoli in un territorio dove fare azienda è difficilissimo anche per colpa della corruzione del potere politico.
Taggate quella bella persona di Emiliano. #Emilianoprimadiparlarepensa #Emilianosciacquatilabocca Il Lecce orgoglio di Puglia. Il Lecce modello per il Sud, modello per l’Italia, modello per calcio 💛❤️
Fiero di questa, dirigenza e di essere salentino. sempre foza Lecce sempre e ovunque, 💛❤️💛❤️💛❤️
Non siamo falliti ma abbiamo fatto di peggio. Abbiamo pagato i giocatori del Bari.
Continuo a dirlo mammmt a 90 3mon
Il Lecce fu l’unico a pagare. ATALANTA (con Doni), Bari, Sassuolo, Chievo, Lazio, Juventus, Inter, Milan ecc ecc non pagarono mai!!
Responsabilità diretta. LML
SI VENDEVANO A TUTTI ..MA SOLO IL LECCE A PAGATO.E POI IL BARI CHE LE PARTITE SE LE VENDUTE TUTTE, NIENTE? SENZA CONTARE CHE QUEL DIFENSORE GIOCA ANCORA…..MA DI COSA SIAMO PARLANDO ?
Con Jurlano si rischiò il fallimento nel 1994, vero ?
Fiero di questa dirigenza: stile, rispetto per il territorio e prospettive future solide! 💛❤👏🏻👏🏻👏🏻
Grattiamoci tutti… A pelle
E certi sommelier hanno anche da ridire sulla società. Da Napoli in giù, tolti i partenopei, é sempre più difficile fare calcio a certi livelli. Oltre ai tanti fallimenti, una sola meridionale in A e 5 squadre su 20 in b di cui 2 in zona play out. Non credo sia un caso.
un dato che certifica la lungimiranza della cordata guidata da un professionista come SAVERIO e in A serviamo per dare visibilità al meridione
Siamo andati vicinissimi se non ci fosse stato tesoro
Ma tantu nu salimu sangu te l oe, salenu Monza e Beneventu e nui riamu 3 zi , è Lu stessu percorsu te l annu scorsu. E io non vedrò la mia beneamata Inter 🙁 🙁 uffff
Penso cke stai scherzando vero…..
Male che vada vediamo la grande inter a bari tra due anni. Tranqui
Vale anche a per te barese, sparisci frustrato
“nui riamu”… tu non arrivi da nessuna parte, pensa all’inter!
Tantu meri prima rinnegato
Che commento di m.. vai a scrivere altrove rinnegato. Qui solo chi ama il Lecce
Non solo Parma, Fiorentina ect. falliti noi NO
Certamente il modello può essere allargato, diciamo che è stato fatto un approfondimento sul contesto di riferimento più vicino, dal punto di vista socio-economico e geografico, alla nostra piazza. Questo proprio per rendere bene l’idea