Il centravanti giallorosso ha parlato al Corriere dello Sport dei suoi ricordi e dei valori che vuole trasmettere ai suoi ragazzi.

L’ARRIVO.“Era il campionato più bello del mondo. In Uruguay guardavamo le partite della Serie A degli anni 90 come un miraggio. Quando mio procuratore mi disse che c’era l’interesse del Lecce gli dissi di procedere”.

CORVINO. “E’ stato a Lecce, credo però che lui mi abbia visto in una partita della nazionale under 20, in cui da solo pressavo a tutto campo, la fame e la voglia di arrivare mi ha sempre contraddistinto in campo e fuori. Oggi è cambiato, ha ancora più di voglia di vincere e di alzare l’asticella. Per me è uno di famiglia, come un padre, mi ha dato tantissimo sotto tutti i punti di vista, soprattutto l’aspetto umano. Prima mi ha scoperto come calciatore, oggi ha scommesso su di me come tecnico”.

LEZIONI DA MISTER. “La maglia del Lecce è sacra, nessuno dei ragazzi di deve permettere, per nessun motivo, di gettare la maglia per terra quando rientrano nello spogliatoio, come dice il nostro presidente, la maglia va onorata e rispettata. Io lo facevo dentro il campo ma anche fuori e continui a farlo oggi in una società che si è rinnovata ma che si basa su dei valori straordinari”.

I GOL. “Non è facile, per fortuna ne ho fatti veramente tanti -ride-. Sicuramente quello contro il Parma, alla prima giornata, bastarono pochi secondi per far scattare l’amore tra me e questa terra che mi ha adottato e quello fu un momento indimenticabile. Un’altra rete che non posso dimenticare è quella al Bari al San Nicola, un tiro che si perse sotto l’incrocio dei pali, per un leccese adottivo come me è una gioia troppa grande e poi c’è quello contro il Napoli che valse la salvezza con lo stadio che era letteralmente impazzito di gioia”.

SALVEZZA. “C’è una base eccellente. Sono convinto che la società interverrà per rinforzala, ma il Lecce ha un top che è Pantaleo Corvino, lui troverà i giocatori giusti per conquistare la salvezza, chissà che non trovi un nuovo Chevanton”.