Ieri sera all’Allianz Stadium il Lecce è andato vicino a conquistare il suo sesto risultato utile consecutivo, sicuramente il più sudato perché sarebbe arrivato con la squadra più forte tra quelle affrontate finora. Un pareggio che non sarebbe stato immeritato, nonostante sull’1-0 conclusivo, episodi arbitrali esclusi, non ci sia poi così tanto da recriminare. Quella della Juventus resta comunque un’altra prova nel complesso positiva che va analizzata da un duplice aspetto.

SOLIDITA’. Partiamo dagli aspetti positivi, i più importanti sotto il profilo psicologico per un ambiente che sta vivendo un momento d’oro le cui implicazioni in termini di crescita sana dell’autostima vanno sfruttate quanto più a lungo possibile. Ecco, è vero che il Lecce è andato ben lontano dal siglare il gol dell’1-1, così come è vero che è andato molto vicino ad imporre alla Juve lo 0-0 in casa sua. Falcone ha infatti rischiato solo in un’occasione nitida, quella di Chiesa, prima e dopo il gol vittoria di Milik viziato da un’azione che non sarebbe dovuta nemmeno partire.

Sono state le uniche due azioni in cui il Lecce ha davvero subito l’avversario (poi si contano altre 5 o 6 incursioni ben contenute) su uno dei campi 4-5 campi più difficili della Serie A, segnale di grande abilità collettiva in termini di contenimento. Il lavoro di Oudin su Locatelli e Blin su Rabiot ha dato i suoi frutti, così come la capacità di fare densità davanti all’area per costringere Fagioli a giocare quasi solo in orizzontale e Chiesa ad allargarsi ed ottenere non più di un paio di palloni davvero giocabili. Dopo la ripresa di Monza, un altro segnale positivo di una squadra che sa incassare ed anzi, come fatto nella prima frazione, dettare i ritmi di un match impostato sul ridurre al minimo i rischi.

PIU’ INIZIATIVA. L’impostazione del match da parte di Roberto D’Aversa, per quanto non rivolta allo spettacolo, è però da promuovere. Quello che è invece mancato un po’ è quel pizzico di malizia che si sarebbe tradotta nello spirito d’iniziativa del singolo. Soprattutto in una prima frazione molto ben giocata, infatti, il Lecce è sembrato non avere il piglio e la cattiveria di voler sfruttare quel paio di occasioni, a campo aperto ma anche in parità numerica sulla trequarti, per pungere uno Szczesny che di certo non veniva da uno week-end facile.

Qualche imbucata in più ed almeno un paio di conclusioni dalla distanza era d’obbligo provarle, invece talvolta si è tentennato proprio nei pressi dell’area avversaria favorendo anche la verve di una Juve in difficoltà, ma alla quale si è mancato di tentare di infliggere il colpo del ko. Timido è stato Almqvist quando si è presentato in area avversaria a confermare quella che è stata un po’ una mancanza di coraggio collettiva che non ha così valorizzato la gran prova difensiva del collettivo. E sono mancati i cross nel finale, quando la coppia di arieti avrebbe davvero potuto spaventare Bremer e compagnia. Dispiace per il risultato e c’è un po’ di rammarico perché il pari sarebbe davvero stato pesante ed a tiro dei giallorossi.

Alle porte c’è però un’altra sfida, quella con il Napoli, che potrebbe presentare un copione per diversi aspetti molto simile alla serata torinese. Ecco, questa sarà un’occasione per riproporre la coesione tattica vista con la Juve, affiancandoci una voglia di osare senza strafare che potrebbe far tornare a gioire i tifosi.