L’ex calciatore giallorosso parla a Il Corriere del Mezzogiorno (intervista di Pasquale Caputi) dell’emergenza sanitaria e dell’impatto che questa sta avendo sul mondo dello sport e del calcio.
QUARANTENA. «Come tutte le famiglie italiane. Siamo chiusi in casa. Con i miei figli ci stiamo divertendo a rivedere un po’ di vecchie partite. Abbiamo cominciato da quelle del Lecce, siamo passati poi al Cagliari, ora arriveranno le altre. Da 20 giorni invece ho scoperto qualcosa di estremamente bello, grazie a Fabrizio Miccoli. E mi ci sto dedicando molto. Fabrizio aveva messo all’asta, con obiettivi di beneficenza, le sue maglie. Allora l’ho contattato, gli ho chiesto se volesse una mano. I figli della nostra terra sono stati osannati dalla gente, i tifosi ci hanno fatto diventare famosi e noi dobbiamo fare qualcosa per loro. Mi ha fatto conoscere l’associazione “Angeli di quartiere”, eroi, gente che fa tanto per gli altri».
RACCOLTA FONDI. «Ci stiamo muovendo per distribuire beni di prima necessità e per raccogliere fondi. Personalmente ho messo quattro maglie all’asta. Abbiamo raggiunto 3600 euro che abbiamo donato all’associazione. Questa settimana è partita un’altra asta con le maglie di Totti, Mutu e dello stesso Miccoli. Sta andando bene. Lo sport unisce ed è bello che assieme stiamo combattendo questo virus. La nostra battaglia è aiutare le famiglie che hanno bisogno. Molti miei ex compagni mi stanna contattando per complimentarsi, da Totti a Bergomi, da Zé Elias a Zanetti, a Zamorano. Stiamo facendo il massimo, ringrazio anche gli imprenditori che ci stanno dando un contributo. Ce ne sono tanti, altri ce ne saranno. Noto che molta gente si vergogna di chiedere una mano, ma non deve farlo. Tutta l’Italia sta soffrendo».
PARLARE DI CALCIO. «Mi alzo la mattina e non riesco minimamente a pensarci, anche se è la mia vita, il mio lavoro, la mia cultura. Accendo la tv e la prima cosa di cui sento parlare sono i morti. Come si fa a giocare? Lo sport è allegria, divertirsi, vivere lo spogliatoio. Per come sono fatto io, sarebbe impensabile tutto questo».
RIPARTENZA. «Se tutto deve ripartire, deve accadere con la massima sicurezza e non solo perché è necessario finire il campionato. È vero anche che il calcio è la seconda azienda in Italia. E capisco anche che lo sport possa portare un po’ più di serenità in famiglia, rendere belle le giornate. Per il resto ascolto tante assurdità. Cose che fanno ribrezzo, diatribe tra nord e sud. Dovremmo essere uniti, invece mi ritrovo ad ascoltare di Italia divisa. Ecco, noi ex calciatori proviamo a unirla. Cerchiamo di rendere più tranquille le persone, raccontiamo le nostre avventure».
SERIE A SI E LE ALTRE CATEGORIE NO? «La serie A penso riparta, per la B e la Lega Pro è diverso. Quest’ultima vorrebbe bloccare il campionato. Certo, significherebbe far soffrire molti calciatori. La Lega Pro è fatta da ragazzi che guadagnano 1500-2000 euro. Qualche presidente ci marcia su e vuole risparmiare. In serie C non si capisce nulla. Il Bari è una delle squadre più forti e credo sia giusto si giochi le proprie carte per approdare in B. Si sente parlare di sorteggio, ma sono tutte sciocchezze. Occorre trovare una soluzione, quella più giusta e responsabile. In serie A il Lecce aveva le carte in regola per salvarsi e credo proprio che si salverà».
