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Tiribocchi a CL: “Che emozione quella giornata a Bari. In A? Il gol di Di Vaio era in fuorigioco di…”

Il Tir ha raccontato tutti i suoi ricordi giallorossi durante la nostra diretta di domenica sera. Dal primo anno con la B atipica dominata da Juventus, Napoli e Genoa agli ultimi attimi dopo la retrocessione del 2008/2009. Tanti gol (41 in due stagioni e mezzo) e tantissimo affetto di una piazza che lo ammira ancora.

VOLUTO DA PAPADOPULO. Simone Tiribocchi apre il suo album personale dai primi contatti con il Lecce. Il boemo non gradiva il suo acquisto, concretizzatosi poi anche grazie al successore: “Non rientravo nei piani di Zeman, arrivai a Lecce grazie a Papadopulo che mi voleva anche in ottica futuro. Ed anche il lavoro di Angelozzi fu quello, ovvero costruire a gennaio una squadra quasi nuova per poi inserire quelle tre o quattro pedine l’estate successiva con cui puntellare un undici da vertice. Ricordo che i primi tempi a Lecce furono particolari, perché noi nuovi seguivamo agevolmente le direttive in allenamento del neo mister. Chi veniva dalla prima metà di stagione con Zeman, invece faceva tutt’altro. Anche perché tra il boemo e Papadopulo c’è una netta differenza nell’interpretazione del calcio”.

DALLA TRANQUILLITA’ ALLE PRESSIONI. Lecce fu subito un gran banco di prova per l’attaccante, che si sbloccò sin da subito: “Sono stato anche fortunato per un buon impatto con l’ambiente Lecce, perché partii con due gol a Pescara, con quel tocco al volo, e con il cross sbagliato con il Verona. Questo mi aiutò, perché per il resto non era facile. Passi dalla tranquillità e dal freddo di Verona al calore e alla passione di Lecce. Che vuol dire anche pressioni. E poi Zeman, pochi giorni dopo il mio arrivo nel Salento, disse che lui non mi avrebbe mai preso. Menomale che mister Papadopulo, al contrario, puntava molto su di me e mi aiutò ad inserirmi. E, soprattutto, a rispondere positivamente alle grandi attese della tifoseria”.

MISSIONE SERIE A. La stagione successiva, i piani erano ben chiari. Il Tir racconta:“L’anno dopo avevamo chiaramente gli occhi di tutti puntati addosso. Non eravamo però un gruppo di ragazzini, ma di calciatori maturi pronti per quest’avventura e per puntare dritti alla A. Dovevamo vincere e lo sapevamo, anche se il campionato era di altissimo livello, vedi Chievo e Bologna. Noi però eravamo i più forti, e la gente ci aiutò a dimostrarlo nonostante il terzo posto finale. Eravamo poi un grandissimo gruppo, fatto di grandissimi amici. Difficilmente ho trovato spogliatoi così”.

FORZA ANCHE NEI MOMENTI FINALI. L’ambizione Serie A rischiava di sgretolarsi dopo la brutta sconfitta nel derby del girone di ritorno col Bari: “E questo lo capii ulteriormente dopo il ko del ritorno con il Bari. Una sconfitta che ci negò la A diretta e che avrebbe potuto metterti ko. Ricordo la gente che piangeva, eravamo distrutti. Insomma era alto il rischio di arrivare scarichi agli spareggi, dove affrontavamo squadre che andavano a mille. E invece i playoff li abbiamo stradominati, segno della nostra forza e compattezza. Quell’anno eravamo la squadra migliore, fu solo un caso che non arrivammo primi perché anche negli scontri diretti, vedi quelli con il Chievo capolista, avevamo dimostrato la nostra superiorità”.

LO SCHERZO A ROSATI. Nello spogliatoio si respirava un aria di coesione. Ovviamente, in questi casi, fioccavano gli scherzi. Simone Tiribocchi ci regala un aneddoto simpatico:“Ci volevamo bene, ci piaceva tantissimo ridere e stare insieme anche fuori dal campo. Con tanti di loro mi sento sempre anche adesso. Scherzavamo tanto, Zanchetta era tra i più burloni soprattutto sul campo. E poi erano epici gli scherzi tra Benussi e Rosati. Ne ricordo uno in ritiro a Tarvisio. Benussi attaccò uno stuzzicadenti alla sedia in verticale, per pungere Rosati una volta seduto. Lo stuzzicadenti però non solo non si piegò, ma si infilò praticamente nel sedere del portiere. Lui è un bonaccione come pochi, ma quella volta si incazzò tantissimo tanto da prendere una sedia e lanciarla verso di me, sfiorandomi la caviglia alla quale mi ero infortunato poco tempo prima”.

22 DICEMBRE 2007. Un capitolo a parte merita la trattazione dello splendido gol realizzato al San Nicola nell’epico 0-4: “Fare un gol così sotto la curva del Lecce, così piena di salentini in trasferta, è stata un’emozione incredibile. Arrivammo carichissimi a quella partita, sapevamo cos’era successo l’anno prima. Non fu semplice mettere dentro quel pallone anche perché avevo una fascia per un colpo subito che mi copriva la visuale. E quello fu solo l’inizio di una partita perfetta da parte nostra, in cui giocammo un calcio di altissimo livello. Ricordo ancora la felicità dei nostri tifosi, così come la nostra al ritorno a Lecce. Momenti indelebili, che hanno fatto la storia. Un ricordo intaccato però dall’amarezza del ko nel derby di ritorno, che mi toglie lievemente il gusto di quello storico 0-4″.

LA RETE PIU’ IMPORTANTE. Il bomber romano, con 19 reti totali, fu fondamentale: Il gol più importante credo sia stato quello nel playoff di Pisa. Sicuramente di belli ne ho fatti tanti altri, anche se questo non fu da meno. Tuttavia è stato il più significativo per dare una svolta decisiva nei playoff. Non arrivavamo in un momento facile, le scorie del derby perso c’erano ancora. E quel centro ci diede una spinta decisiva per respingere gli attacchi di un Pisa gran squadra spinta da un’Arena Garibaldi colma di entusiasmo”.

LO SBARCO NEL MASSIMO CAMPIONATO. Nella massima serie, poi, il Lecce cambiò guida tecnica. A Beppe Papadopulo subentrò Mario Beretta. Tiribocchi analizza con lucidità il torneo concluso dai giallorossi all’ultimo posto: “La Serie A è totalmente un altro campionato. Noi potevamo competere con le ultime 5 o 6 e ci siamo tenuti aggrappati, o ci abbiamo provato, fino alla fine. Abbiamo fatto il possibile, magari ci è mancato qualche punto qua e là ad aiutarci. C’era stato il cambio d’allenatore rispetto alla promozione, e questo ha influito tantissimo. Poi c’è stato anche a De Canio. Davvero un peccato, perché penso che non ci mancava molto per mantenere la categoria. Non abbiamo la controprova che con Papadopulo sarebbe stato diverso, ma con lui lavoravamo da due anni. Poi Beretta era un ottimo allenatore, ma di certo anche il solo passare dalla difesa a 3 a quella a 4 cambia parecchio”.

CAMBI DI ALLENATORE. “E poi il cambio in corsa è stato un’altra novità che non ci ha dato immediata continuità. Da qualche calciatore, vedi Cacia, ci si attendeva qualche gol in più visto il passato. Siamo mancati in alcune gare cardine, che avrebbero potuto avvicinarci alla quota salvezza. Infine Lecce è una piazza in cui devi mantenere alto l’entusiasmo, e questo un po’ ci è mancato”.

RIMPIANTI AL DALL’ARA. Bologna-Lecce 2-1 rappresentò la fine della corsa del primo Lecce di De Canio. La gara, però, è una ferita ancora aperta. Simone Tiribocchi la rivive focalizzandosi su un episodio fondamentale: “Ad esempio tra i match clou di quella stagione ci fu il match di Bologna, gara da dentro o fuori. C’era tantissima gente da Lecce, come fossimo in un feudo giallorosso, e noi sapevamo di poter fare bene. Ed infatti dominammo il primo tempo. Poi qualche errore di Orsato, il rosso a Papadopoulos dopo il quale continuammo comunque a fare meglio degli avversari, poi il gol in netto fuorigioco di Di Vaio. Una beffa enorme, se chiamo i miei ex compagni la ricordano ancora tutti. Perché, di fatto, con quell’incontro i felsinei si salvarono, e noi mantenemmo la categoria”.

DIVORZIO DAL LECCE. L’addio al club salentino fu una decisione condivisa:Sono andato via perché si era chiuso un ciclo – conclude Tiribocchi-. Non ho avuto problemi con nessuno, né con il club né con la piazza. E’ andata semplicemente come doveva andare, il Lecce aveva altri progetti e vendendomi ci ha anche guadagnato. Magari con la salvezza sarei rimasto come terza o quarta punta. Sarebbe stato meglio andar via con la permanenza, peccato. Ma è andata come doveva andare e ci siamo lasciati benissimo”.

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