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Meno bellezza, più attenzione e sostanza. Così è nato il pari con la Juve

Il pareggio di ieri contro i bianconeri ha visto un Lecce sì propositivo e voglioso di giocare, ma decisamente più accorto rispetto ad altri appuntamenti. Errori ridotti al minimo e solito (grande) Gabriel hanno poi portato al punto.

Parlare di confronto tattico in una partita con i valori squilibrati come quelli di ieri non può prescindere appunto dalla diversa caratura degli elementi in campo, ma, proprio quando la diversità di valori rende difficile la programmazione della gara, bisogna crescere e dimostrarsi allo stesso tempo camaleontici e attaccati ai propri punti di forza.

TREND INVERTITO. Il Lecce dell’avvio di campionato è salito alla ribalta per la sua voglia di ricercare la salvezza con un gioco propositivo nonostante più rischi presi in difesa come rovescio della medaglia. Con la Juve, e Sarri l’ha notato, alla lunga la banda (temporaneamente) Coppola ha conservato in soffitta una brillantezza offensiva fatta spesso vedere per passare alla ricerca di una efficiente quadra difensiva. Il risultato non è stato perfetto, ma ha portato al risultato più che positivo.

INIZIO SOLITO. E dire che nei primissimi minuti si era visto il solito Lecce. Pressing alto sulle prime trame e tentativi di intercettare i passaggi di Bonucci e De Ligt, specialmente se indirizzati a Pjanic. Il tiro di Majer e qualche ripartenza condotta senza i tempi giusti però sono stati poca roba rispetto alle numerosissime palle-gol juventine raccolte in area da Bernardeschi, Dybala (stoppato da Gabriel) e Higuain (gol annullato).

DIETRO COL BARICENTRO. Per tentare di ridurre i mortiferi dialoghi Higuain-Dybala, formidabili nei passaggi e movimenti coordinati, il quartetto difensivo è rinculato sin dentro la propria area. La Joya ha arretrato il raggio di azione passando alle pennellate da fuori area e Higuain, intento a ricevere tra le linee, ha ogni tanto vestito i panni dell’assistman. Soluzione efficace, ma in mediana Tachtsidis ha boccheggiato non trovando le solite linee di passaggio. Babacar ha agito a sinistra, partendo verso la porta di Szczesny spesso da solo. Mancosu costretto più alla copertura e Farias isolato: questo il quadro del Lecce dalla cintola in su.

CAMBIAMENTI. L’ingresso di Lapadula al posto del brasiliano, bloccato da un risentimento alla coscia, ha dato una veste nuova al Lecce. Meno leziosismi e più guerra anche in attacco. Lapa, oltre a fare il terminale offensivo, ha agito da primo difensore costringendo spesso la difesa juventina al raddoppio. Dietro si è continuato a difendere i sedici metri, e nulla è cambiato dopo il rigore messo a segno da Dybala. Il fallo di Petriccione è opinabile, ma se Valeri valuta l’intervento irregolare , il fatto che il contatto sia in area porta a non eccepire nulla.

PIU’ CAMBIAMENTI. Al pari di Mancosu è seguito il rafforzamento dell’idea avviata con l’ingresso di Lapadula. Tabanelli prima e Rispoli poi hanno dato munizioni all’artiglieria posizionata a difesa di Gabriel. La difesa strenua nella propria trequarti non è proprio il tratto fondante del Lecce, ma contro le individualità della Juve è stata la mossa giusta. Pjanic è andato a nozze con l’ampio raggio di azione concesso, ma gli inviti del bosniaco non hanno trovato l’esecuzione vincente in Bernardeschi e Bonucci.

FORT LECCE RESISTE. La difesa strenua è cresciuta nel finale. Se nel primo tempo Lucioni e Rossettini sono incappati in letture non perfette, non si può dire lo stesso negli ultimissimi minuti. A ciò si è aggiunta la sicurezza di Gabriel in situazioni di ordinaria amministrazione da dirimere con puntualità. L’uscita da cui è scaturito il colpo a Higuain e la parata finale di coscia sempre sul Pipa hanno portato a termine la missione avviata dalle lotte, portate avanti sino al 97′, dai centrocampisti. Non è il mood “da Lecce” che abbiamo visto nelle precedenti gare, ma cosa si può rimproverare a una matricola che strappa un punto ai pluridecorati campioni d’Italia? 

 

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4 anni fa

Purtroppo lo stadio non é pieno come in passato…

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