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Cassetti a CL: “Nel 2003 furono chiave le vittorie fuori a febbraio. Il 2005/2006? Tante cose andarono storte”

L’ex terzino del Lecce, ospite dei nostri redattori nell’appuntamento di Calcio Lecce Live, ha ripercorso gli altri capitoli della sua carriera, con particolare attenzione alle stagioni vissute al Via del Mare.

PRIMA PIAZZA IMPORTANTE.Verona è stata una tappa importantissima della mia carriera, la prima squadra di A che ha puntato su di me. Feci il doppio salto dalla C/1, giocavo al Lumezzane. Mi misi a lavorare, in quei tempi non era facile emergere. Il primo anno stavo facendo bene ma poi a febbraio mi ruppi il ginocchio. Mi persi gli ultimi mesi conclusi con lo spareggio vinto sulla Reggina. L’anno dopo rientrai a novembre, c’era Malesani in panchina. Stavamo facendo un grande campionato ma poi nel ritorno crollammo fino a perdere lo scontro diretto col Piacenza”.

RECORD E SALUTI. “In B rimasi con grande entusiasmo e realizzai il mio record realizzativo: 7 reti in campionato. Da lì andai al Lecce, una delle squadre promosse di quel campionato insieme a Sampdoria, Siena e Ancona. Partì in ritiro nell’estate del 2003 col Verona ma poi cercai di forzare il passaggio nel Salento, che andò a buon fine”.

L’APPROCCIO CON LECCE. “Arrivai ad agosto 2003, mi venne a prendere Mario Zanotti in aeroporto. Ero convinto di arrivare nel Salento col sole caldissimo, invece pioveva. Giunsi direttamente al ristorante dove pranzava la squadra. Fui accolto benissimo, mi sentii parte del gruppo, per me non è difficile inserirmi insieme agli altri. Partì bene, all’esordio in casa con l’Ancona, dopo non aver giocato con la Lazio, segnai il gol della sicurezza. Fu un bel biglietto da visita per me e per i tifosi: presi consapevolezza in me stesso in una nuova squadra”

UNA RIMONTA PAZZESCA. “Dall’ultima giornata di andata in poi ci furono tanti ricordi belli. Vincemmo 3-1 a Reggio Calabria e poi con Sicignano, Bolano e Franceschini avemmo più compattezza. Le due vittorie consecutive con Juventus, la prima nella storia del Lecce a Torino, e Inter, che lottava ancora per la Champions, furono incredibili per conquistare la salvezza. Prima della partita con la Reggina avevamo 9 punti. Pochissimi. Altro oltre al mercato? Non furono solo gli arrivi a cambiare la squadra. Sai, succede tante volte che parti in un modo ma poi prendi fiducia diversamente. Cercavamo di fare sempre il nostro gioco e la fortuna ebbe la sua parte”.

MOMENTO CHIAVE IN INVERNO. “Nell’andata meritavamo qualcosa di più e poi, di colpo, abbiam fatto tante vittorie. In poche partite facemmo punti con Reggina e poi due vittorie consecutive fuori con Ancona e Chievo. I due successi in trasferta erano una sorta di dentro o fuori per noi. Se non avessimo rosicchiato punti in quel momento sarebbe stato difficile. Due vittorie lontano dal Via del Mare ci regalarono fiducia, consapevolezza e voglia di dare qualcosa”

Qui il racconto di Marco Cassetti della stagione successiva con in panchina Zdenek Zeman

2005/2006 E FALSA PARTENZA. “Influì molto il disimpegno di Giovanni Semeraro, che andò via già dopo la prima partita con l’Ascoli. Successero degli episodi e si allontanò un po’ dalla squadra. Fu il segnale di una stagione partita male sia sotto l’aspetto sportivo sia per l’ambiente. I tifosi avevano visto un Lecce spettacolare con Zeman fino a pochi mesi prima. ZZ è unico nel suo modo di fare. Gregucci fu esonerato dopo cinque partite, poi ci fu Baldini e, infine, Rizzo e Paleari conclusero la stagione. La rosa era di grandissima qualità”.

RETROCESSI NONOSTANTE LE QUALITA’. “E’ difficile rispondere a queste domande, ci sono state tante altre cose. C’era poca serenità in squadra, i tre cambi di allenatore. Avevo già vissuto una situazione simile a Verona, quando retrocedemmo col crollo in dieci giornate finali con nove sconfitte. Scendemmo in B senza stare mai in zona rossa durante l’anno. Facemmo però anche noi tanti errori, avevamo le qualità per salvarci. Lo ammettiamo”.

CAMBI. Gregucci si era inserito molto bene, si faceva voler bene dalla squadra, lo seguivamo. Portava avanti belle idee e il suo calcio. Se fosse rimasto lui? La domanda ci sta, ma è impossibile immaginare. C’era un buon ambiente però con lui, ci rapportavamo bene e per un tecnico è importante. Baldini era invece l’opposto, più burbero e sergente di ferro e ruvido nei modi di parlare coi giocatori e in campo. Alternammo buoni e cattivi momenti senza avere una continuità per prendere il gruppone delle pericolanti”.

L’ADDIO. “Mi dispiace essere andato via dopo una retrocessione. Il calcio dà e toglie. Quella squadra doveva fare di più per meritarsi la permanenza, dato che le carte in regola per farcela c’erano”.

SENATORI. Giacomazzi è la storia del Lecce con Chevanton. I due uruguagi hanno messo le tende a Lecce. Giaco è un ragazzo straordinario, sempre col sorriso sulla bocca, ma in campo tirava fuori l’orgoglio”.

LECCE-BARI MAI GIOCATO. “Io non ho mai vissuto Lecce-Bari, e dico purtroppo anche se ai tifosi faceva piacere stare sopra. I compagni mi raccontavano l’aria di questa partita. Mi mancava una partita così calda, mi è stata raccontata come una gara sentitissima, c’è tantissima rivalità. Volevamo giocarcela con una squadra forte come era il nostro Lecce”.

ROMA. “Ci fu un grande impatto, bello. Lottavamo per traguardi importanti, fortunatamente sotto Spalletti vincemmo qualcosina anche se ci meritavamo lo scudetto un anno. Ci giocavamo il titolo con l’Inter, due Coppe Italia messe in bacheca. Perdemmo la finale di Coppa Italia nell’anno che potevamo vincere lo scudetto. Con mister Ranieri arrivammo un passo da due titoli. E’ stata questa la storia della Roma con me. C’era un gruppo fantastico e si vedeva questo nella qualità del gioco. I tre trofei (due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana) saranno indelebili, come il gol nel derby e le apparizioni in Champions”.

WATFORD. “Dopo la Roma arrivò questa proposta, accettai senza nessun problema. La presi come un’esperienza di vita e come un bagaglio utile per imparare l’inglese. Fu un’incredibile scoperta. Il calcio inglese è stato meraviglioso. Mi ha impressionato la voglia dei tifosi di star vicino alla squadra in tutti i momenti senza mai una polemica. La convivialità tra tifosi di squadre avverse. La partita di calcio era vissuta come uno spettacolo teatrale, ma sostenendo la squadra. Se non andava bene si guardava alla prossima”.

CALCIO INGLESE. “Dopo aver vissuto il calcio italiano e le sue pressioni, specialmente quelle di Roma, andare a giocare al Watford senza alcuna pressione fu come tornare al campionato dei giovanissimi giocato da bambini con spensieratezza e voglia di far bene. Tutto senza paure di far male e di vedere cosa potesse accadere. Il paragone con la B italiana non regge. L’ambiente era bellissimo, mai drammi sportivi anche in caso di retrocessioni.”

COMO. “Dopo due anni in Inghilterra mi fu proposto di rimanere, ma decisi di rientrare in Italia sperando di trovare una soluzione. Avevo 37 anni ma mi sentivo bene facendo 90 partite in due anni. Feci sei mesi ad allenarmi nel centro sportivo della Roma e a gennaio uscì fuori l’opportunità del Como. Accettai senza pensare di scendere in C. Vincemmo i playoff di Lega Pro. L’anno dopo in B scendemmo ma c’erano dei grandi problemi societari. Lì decisi di appendere le scarpette al chiodo per cominciare l’avventura da allenatore”.

Qui l’intera puntata

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