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Vives a CL: “I tifosi del Lecce meritano un’altra gioia. Il Torino? Un onore salire a Superga. Quando mi chiamò il Bari…”

L’ex centrocampista, ospite della nostra diretta, ha parlato del momento difficile, da ex atleta e da gestore di una scuola calcio, per poi spostarsi sui passati al Torino, dove è stato anche omaggiato da un medico in servizio a Torino.

Qui l’estratto delle dichiarazioni sui passati al Lecce

IL RIFIUTO. “Mentre ero a Torino mi chiamò il Bari, proponendomi 3 anni di contratto. Erano i biancorossi di Colantuono. Alla fine rifiutai, all’epoca lo tenni per me”.

LA QUARANTENA. “Come tutti gli italiani, siamo stati in casa rispettando le regole. Ora la priorità è trovare i familiari e far svagare i bambini, anche con i nonni. Io vivo ad Afragola, nei primi giorni era quasi piacevole ma ora è pesante. L’obbligo di stare in casa è duro anche per i ragazzi della mia scuola calcio, hanno bisogno di una mano per provare a sognare. Le misure per i centri sportivi? Proprio oggi mi sono confrontato con altre persone che vivono la stessa situazione. C’è chi dice che il 18 si può iniziare, ma con restrizioni. Non è semplice, bisogna capire le direttive del Governo. La priorità è gestire i 280 ragazzi che vanno dai 2004 ai 2015. Finora sono solo supposizioni, non ci sono state direttive concrete. La doccia non si può fare, ok, ma bisogna capire tante situazioni. Ad esempio, in un campo da calcio possono lavorare 15 ragazzi, 5 in un calcetto e 8 in un calciotto. I bimbi, e anche noi, non vediamo l’ora di iniziare. Siamo pronti a ripartire più forti di prima”.

RIPRESA O NO. “La scelta è difficile, si sta prendendo tempo per non arrivare a decisioni avversarie. La salute va messa prima di tutto, l’ideale sarebbe ripartire senza rischi, anche perché in caso di nuove positività ci si ferma. Nessuno prende la decisione finale, il Ministro e le istituzioni del calcio si stanno passando la palla. Il fattore economico? Conta molto, penso di sì. Sappiamo bene cosa gira attorno al calcio.

IL MEGA RITIRO. “Io che avrei fatto da calciatore? Non è facile fare un mega ritiro blindato dopo aver passato mesi in casa. Tutti i calciatori però hanno voglia di ricominciare, se ci sono le giuste precauzioni e garanzie si inizierà. E’ quella la volontà di tutti e mi immedesimo nei professionisti, che hanno sicuramente voglia di mettersi in gioco”.

CATEGORIE DIVERSE. “Spero che ci sia una sola decisione per il calcio. Lo sport è uguale per tutti, anzi le serie minori hanno ancora più bisogno di lavorare e portare lo stipendio a casa. I ragazzi di C non guadagnano molto e hanno bisogno di portare a casa il salario. Spero che il sistema non li lasci soli, sento i miei amici che militano ancora lì, non si hanno notizie. Ai ragazzi va garantito una sorta di ristoro, un fondo di solidarietà, gli stipendi non sono come in A. Obiettivamente però è impossibile garantire il distanziamento sociale in tantissimi impianti di C”.

IL PESO DELLA MAGLIA GRANATA. “La maglia del Torino è importante. Quando la vivi, la indossi, ti senti qualcosa dentro di diverso. C’è una spinta in più e ebbi la fortuna di capirlo nella commemorazione dei caduti di Superga. Vedere l’emozione dei tifosi ogni 4 maggio per quel mito dà il senso di appartenenza di un popolo verso la maglia del Toro. E ce lo facevano capire chiedendoci di sudarla. Ci siamo riusciti raggiungendo l’Europa League”.

VITTORIA STORICA A BILBAO. “Siamo stati bravi vincendo al San Mames, dove nessuna italiana ha vinto, e regalammo tante emozioni a un popolo che per anni viveva la Serie B non riuscendo a tornare nella massima serie. Mi guadagnai il rigore dell’1-0. Dopo il 2-2 in casa partimmo per Bilbao con consapevolezza di dover vincere. Eravamo sicuri del loro atteggiamento e giocammo a viso aperto. Leggevo notizie di tutto esaurito ma in giro per Bilbao e in campo per il riscaldamento vedevo solo i nostri tifosi. Prima dell’inizio, però, non c’era più in posto libero. Mi resi conto dell’impresa solo tornando a casa in aereo. Durante la partita ero annebbiato, pensavo solo a correre”.

LECCE DI LIVERANI. “Mi aspettavo un atteggiamento così. Volevo pressarlo quando lo sfidavo a centrocampo, ma era abile a gestire la palla. Aveva una visione del calcio diversa dagli altri. Il suo Lecce ha un’identità, si può perdere ma sa cosa deve fare. Le squadre che sanno cosa fare possono perdere delle gare ma alla lunga arrivano i risultati. Rivedere il Lecce in A è una gioia immensa, anche da lontano vedevo i risultati. Sapevo che uscire dalla C sarebbe stato tremendo. La piazza di Lecce merita il palcoscenico della massima serie, esprime un bel calcio e spero di cuore che riesca a cogliere la salvezza. I tifosi meritano un’altra gioia dopo tanta sofferenza”.

PRO VERCELLI E TERNANA. “Alla Pro ho colto il record realizzativo con 5 gol. Farlo a 38 anni non è poco. E’ stato bello. Più gli anni passavano, meno sentivo le pressioni. Mi sentivo come ai tempi di Giugliano, come se giocassi per strada. Non vedevo l’ora di arrivare alla domenica per segnare un altro gol. Sono stati anche quelli anni indimenticabili. A Terni invece un problema al polpaccio non mi ha fatto esprimere al meglio e dopo 4 mesi mi sono arreso”.

VIVES ALLENATORE. “Tutti mi dicono che sono portato per allenare. Ancora non ho deciso, ora voglio godermi la famiglia e ripartire con una vita in giro per l’Italia con un maggiore impegno che deve dare un allenatore…non me la sento. Voglio veder crescere i miei figli, ora preferisco rimanere sulla mia scuola calcio dando consigli ai miei ragazzi. Non nascondo, però, che ogni tanto mi si riaccende la scintilla. Come tentai la scalata da calciatore, vorrò tentare in panchina. Non mi preoccupa ripartire dal basso, l’ho fatto da calciatore e lo farei da tecnico o da dirigente”.

L’OMAGGIO DEL MEDICO. “Un amico mi inviò la foto con il camice con la scritta ’20 Vives’. Il medico aveva detto ‘mi immedesimo in Vives, uno che in campo lottava fino alla fine. Il paragone mi ha reso molto orgoglioso e ho chiamato il dottore per l’emozione che mi ha fatto vivere e per il suo lavoro quotidiano che fa per noi italiani”.

 

 

 

 

 

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Direttore1982
Direttore1982
3 anni fa

Classico esempio di giocatore partito dalla c2 ed arrivato a buoni livelli in serie A.. Peccato che oggi i calciatori della serie inferiori si sentono già arrivati con mezzo campionato buono .. ci sono le qualità ma manca la mentalità.. Spero di sbagliarmi

Angelo
Angelo
3 anni fa
Reply to  Direttore1982

Giuseppe Vives, rientra nei veri professionisti, quelli che fanno esempio in campo e fuori dal campo. È l’esempio.di molti giovani che ogni giorno si allenano con il massimo impegno per arrivare ad alti livelli come Giuseppe Vives. Per indossare la maglia del Torino devi essere davvero bravo, poi specialmente se sei il capitano, responsabilità a mantenere il gruppo unito, e nello stesso momento regalare gioia per i tifosi del grande Torino. Oggi tanti genitori devono dire grazie a Giuseppe Vives e a suo fratello Raffaele, insieme a tutto lo staff Accademia Torino f.lli Vives che ogni giorno dedicano il loro tempo per i nostri figli suoi campi da calcio, allontanandoli dai pericoli della strada.

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