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Vives a CL: “Bari-Lecce 0-2 fu partita vera. Zeman mi ha regalato il sogno, ma con De Canio…”

L’ex centrocampista, tra le altre, di Lecce e Torino, è stato ospite della nostra diretta di martedì sera. Parte del dialogo coi nostri redattori, ovviamente, si è incentrato sui ricordi nelle cinque stagioni disputate in giallorosso.

IL PRIMO INCONTRO.  Vives narra le congetture che lo hanno portato a Lecce. Dopo il mancato esordio in B con l’Ancona di Spalletti, che lo prelevò nel 2001 dalla Juve Stabia, il mediano tornò in C/2 per recuperare da un infortunio che rischiava di compromettere la sua carriera: “Il mister Zeman mi venne a vedere in una partita di campionato: Melfi-Giugliano. Arrivò l’estate e il mio procuratore Filippo Fusco mi disse ‘Zeman ti vuole a Lecce’. Io tempo prima pensai al ritiro dopo i problemi fisici avuti ad Ancona, a Giugliano mi trovavo bene e al Lecce non volevo andare, anche se dalla C/2 potevo andare in B. Avevo recuperato il sorriso giocando a Giugliano dopo la tristezza avuta con gli infortuni. Fusco venne dai miei e disse ‘Zeman e Angelozzi ti aspettano, andiamo almeno a trovarli’. Andammo all’Acaya Golf Club e mi dissero di salire su questo treno per non rimanere a vita in stazione. Io ripetei al mister il mio desiderio di non spostarmi da un contesto dove avevo ritrovato il sorriso e mi divertivo. Andai a dormire consapevole di andar via il giorno dopo. All’indomani il fisioterapista Sandro Donato mi disse ‘dobbiamo andare a Tarvisio in ritiro’, il mio procuratore partì senza di me, lasciandomi quasi forzatamente a Lecce”.

DALLA C/2 ALLA B PASSANDO PER I GRADONI. Crescere calcisticamente con ZZ vuol dire anche tanta fatica: “Avevo paura di fare il ritiro con Zeman -continua Vives-. Il fatto che io venivo dalla C/2 però mi spingeva a non mollare. La prima settimana facevo fatica a fare le scale per tornare in camera dopo la cena. E’ vero però ciò che succede dopo: la fatica non si sente. Zeman ci fa superare sempre la soglia. Il superamento della soglia ti fa avere un ritmo molto più alto degli altri in partita. Il mio soprannome ‘il ragioniere’ nasce dalla sapienza a centrocampo, se non avessi fatto il calciatore avrei tentato i concorsi per entrare nella Guardia di Finanza”

IL CAMBIAMENTO NEL 2007. Il 39enne analizza le sue due prime stagioni salentine, vissute in B: “Nel 2006/2007 partimmo bene, pian piano delle cose poi andarono male. A gennaio 2006 ci fu l’esonero e venne Papadopulo, l’opposto del boemo. Con quest’ultimo dovevi fare almeno tre gol e sperare di subirne due. Arrivarono però i risultati con Papadopulo. Difendevamo bene con lui l’anno dopo e i giocatori di qualità davanti ci risolvevano la partita”.

GRAZIE DE CANIO. In Serie A, a seguito dell’esonero di Mario Beretta, Vives si allenò agli ordini di Gigi De Canio, a cui deve molti miglioramenti: “Il mister mi ha fatto crescere tantissimo. Mi diceva di giocare con più velocità, tenendo meno la palla tra i piedi. Essendo più veloce diventai protagonista in A e mi dette uno slancio per fare una carriera prestigiosa. Ringrazio il Signore per questo”.

L’UNIVERSITA’ DEL CALCIO. Arrivare al top non fu uno scherzo per il campano, cresciuto nelle categorie minori: “L’impatto in A non fu semplice, per me che arrivavo dalle categorie minori. Devi avere la possibilità di affermarti. A Torino arrivai già da cresciuto grazie al Lecce, sapevo già come affrontare dei problemi. Mi sentivo esperto e con meno pressione. A Lecce invece, le prime volte, avvertivo più tensione, ovvio per un calciatore che si affacciava con zero esperienza. L’avversario che mi ha impressionato di più? Pirlo, Seedorf, due giocatori di grandissime qualità. Pirlo però vedeva il calcio dieci minuti prima degli altri”.

AMICO GIACO. “Per me Giacomazzi è una persona completa, un fratello, un calciatore dalle enormi qualità tecniche e morali. Con Giaco uscivamo a mezzogiorno e tornavamo alle sette di sera, ci piaceva arrivare prima e chiacchierare anche dopo l’allenamento”.

MOMENTI DA RICORDARE. La partita più rappresentativa della carriera leccese di Vives è un crocevia che, visto ora, rappresenta più di un destino: Bari-Lecce 0-2 fu indimenticabile, anche se dopo successe un casino. Giocammo una grande partita e io uscì dal rettangolo verde con le lacrime. De Canio mi diceva ‘Peppe, perché piangi?’. La salvezza raggiunta in quel modo fu un’emozione incontenibile, una cosa eccezionale. Ce la sudammo e ce la meritammo sul campo. Mi passano sempre le immagini di quella gara. L’epilogo? Io vi assicuro che la gara fu giocata alla grande con onestà dalle due formazioni, uscimmo coi crampi dal campo. Conquistammo la vittoria con grande onestà. Fu un match, un derby giocato al mille per mille. Ne sono sicuro”.

DIFFERENZA TRA LE PROMOZIONI. Vives ha avuto la fortuna di vivere due salti in A al Via del Mare, con Papadopulo e con De Canio: “La prima fu più emozionante per me. Fu più sofferta perché arrivammo terzi con 82 punti. Fummo bravi a soffrire nei playoff, furono tostissime le sfide con Pisa e Albinoleffe, le rivedo spesso. La seconda? Nessuno si aspettava il salto in A ma nello spogliatoio ci credevamo, anche se la società non ci chiedeva il primo posto”.

L’ADDIO. Nell’album dei ricordi c’è posto anche per gli ultimi attimi nel Salento prima di andare al Torino: “Dopo cinque anni e mezzo, Lecce era diventata casa mia. Eravamo una famiglia e io, che sono passionale, faccio fatica a staccarmi. Fu come lasciare la fidanzata. Ringrazio i Semeraro per l’aiuto che mi hanno dato. Io volevo rimanere a Lecce anche se il Torino mi voleva, ero in scadenza. Al Toro ho vissuto un’altra pagina bella per la mia carriera e ringrazio il Lecce anche per questo”.

LA PASSIONE DI LECCE E TORINO. Vives ha raggiunto gli apici in due piazze che fanno del calore del tifo un punto di forza: “Mi sono espresso al meglio in due piazze così passionali come Lecce e Torino con due tifoserie che vogliono il sacrificio prima del risultato? Ho visto tanti giocatori che si esaltavano nel Salento o in granata. Un giocatore si esalta con un particolare ambiente. Quando un calciatore si sente apprezzato dà di più. Sentendoci a nostro agio, e vedendo la fiducia degli altri, diamo qualcosa in più tentando anche delle giocate che magari in altre situazioni dove c’è tensione non facciamo”.

NARDO’. Il Salento, per Vives, però non fu solo il Lecce. In carriera c’è stata anche una parentesi al Nardò: “Arrivai a Nardò nel gennaio del 2002 dopo l’Ancona dove mi feci male. Mi portai dietro gli strascichi dell’infortunio che ebbi in B all’Ancona. Avevo un problema alla gamba che mi costringeva a fermarmi ogni due allenamenti. La società decise di fermarmi per poi farmi disputare i playout però non fu semplice da fare. Ero fermo da un anno. Mi dispiacque non dare una mano al Nardò, ma quel problema non mi fece esprimere al meglio”.

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3 anni fa

grande vives

Vitantonio
Vitantonio
3 anni fa

Grande Giuseppe, grande partita il derby vinto, ero tra i tifosi di casa perché sono andato al “campo” con alcuni amici, tutti si complimentavano per la nostra netta superiorità di gioco e per la qualità dei singoli. Non credo che il “tentativo di combine”, se mai esistito, abbia condizionato né il risultato, né l’impegno delle due squadre.

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