Nella serata di ieri, la Corte di Appello di Lecce ha ribaltato una sentenza di condanna per i disordini avvenuti a giugno 2013 dopo la partita Lecce-Carpi 1-1, gara seguita dagli scontri all’interno e all’esterno del Via del Mare.
Si riporta il comunicato pervenuto dall’avv. Giuseppe Milli, difensore degli imputati.
Ieri in tarda ora la Corte di Appello Penale di Lecce ha emanato sentenza nei confronti di Campobasso Giuseppe assolvendolo per non aver commesso il fatto per il reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e condannandolo solo a 9 mesi di reclusione per il reato di danneggiamento, mentre è intervenuta la prescrizione per l’invasione di campo. I fatti sono quelli relativi alla gara Lecce-Carpi del 16 giugno 2013. Dopo sette lunghi anni, il Campobasso è riuscito a dimostrare la propria innocenza almeno per il reato più grave, ossia di aver opposto resistenza attiva agli steward dopo aver subito, nell’ordine, custodia cautelare per oltre sette mesi e una condanna in primo grado a due anni di reclusione.
Dopo un altro caso noto agli organi di stampa (Andrea Bufano), anche il Campobasso ha subito ingiustamente detenzione, basata sul titolo cautelare costituito appunto dal solo delitto di resistenza a pubblico ufficiale. Entrambi erano stati “incastrati” dal maldestro utilizzo di fotogrammi in luogo dei video pur in possesso degli investigatori.
Nonostante la Difesa avesse prodotto video che giustificavano l’innocenza del Campobasso, il Tribunale di primo grado aveva preferito affidarsi, nel motivare una condanna oggi venuta meno ad opera della Corte di Appello, sui singoli fotogrammi e sull’interpretazione da parte dei poliziotti. Ieri sera, dopo un’articolata discussione, la Corte di Appello ha capovolto il destino del Campobasso, il quale ha avuto finalmente giustizia.
La nota si conclude poi con le dichiarazioni dell’avvocato Milli. “Siffatti ancora pendono nelle aule del Tribunale di Lecce -scrive- e tale prassi di dare suggestive interpretazioni della realtà, cristallizzando solo un attimo di tempo attraverso un fotogramma, invece di fruire del video, costringe tante persone a invocare giustizia aspettando, come ha fatto il Campobasso, lunghi anni intrisi di dolore e rabbia”.