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Nasce la Superlega, ma in Italia il calcio si spacca. Si profila una stagione di battaglie in tribunale

Un «progetto cinico». I toni usati dal comunicato congiunto delle istituzioni del calcio per annunciare la messa al bando dei club scissionisti sono durissimi. A riportarlo e Repubblica.it.

Si annuncia l’uso di «ogni misura di tutela giudiziaria per difendere il principio delle competizioni aperte e basate sul merito sportivo». La chiusa del documento («quando è troppo è troppo») non lascia spazio a compromessi e il fronte politico-diplomatico si allarga: l’Unione europea viene invitata a pronunciarsi contro la Superlega e si ipotizza una causa per 50-60 miliardi di euro di danni.

In Italia, il consiglio di Lega di Serie A convocato d’urgenza è stato una partita di poker. A dare le carte, il presidente Paolo Dal Pino e l’amministratore delegato Luigi De Siervo, che hanno messo sul piatto per l’approvazione proprio questo documento congiunto con l’Uefa. A dichiarare il bluff, dopo mesi di faccia impassibile al tavolo, è stato Paolo Scaroni, presidente del Milan, che ha manifestato la propria contrarietà in quanto «parte in causa». Lasciando capire che il Milan, come Juve e Inter, era nel gruppo dei ribelli. Non ha votato l’ad nerazzurro Giuseppe Marotta: essendo in Consiglio federale, in quello di Lega non può esprimere preferenze. Favorevoli all’allontanamento da ogni competizione dei club vip della Superlega sono stati i rappresentanti di Atalanta e Verona (che solo pochi giorni fa chiedevano la testa di Dal Pino al fianco di Juve e Inter) e il Cagliari. Almeno questa mano l’hanno vinta, ma la partita si annuncia lunga. E il rischio di perdere molto è concreto, per tutti.

Si profila una stagione di ricorsi e battaglie legali, che gli scissionisti hanno già messo in conto. In teoria, i club della Superlega non vogliono mollare il campionato: contano di giocarlo come adesso nel weekend. E il progetto partirebbe comunque solo nel 2022. C’è un problema: Juve, Inter e Milan rischiano l’espulsione dalla Serie A, ma chi chiede ne chiede l’esclusione si pone anche la domanda di quanto varrebbe la Serie A senza le tre grandi? Davvero i giocatori accetterebbero di saltare un Mondiale o un Europeo? E chi arbitrerà le partite di una Superlega?

Si profila una stagione di ricorsi. All’idea che davvero un gruppo di grandi società vogliano buttare a mare campionati e coppe non vuole credere nessuno. Ma la tensione è tale da mettere alla prova intese e amicizie antiche. Quella fra il numero uno della Uefa Ceferin e il presidente di Eca Andrea Agnelli, per esempio. E tra il patron della Liga spagnola Javier Tebas e Florentino Perez, presidente del Real Madrid. La Serie A ha appena venduto i propri diritti tv a Dazn per il triennio fino al 2024 e attende di assegnare ancora tre partite in co-esclusiva. Si è invece arenato il progetto di una media company partecipata dai fondi di investimento: in cambio del 10 per cento del capitale della nuova società, i partner finanziari avrebbero dato ai club 1,7 miliardi in sei anni. Fra chi a partire da febbraio ha osteggiato il progetto, dopo averlo appoggiato, ci sono anche Juve e Inter. La ragione del dietrofront è anzitutto economica: per i diritti tv Dazn ha offerto ben più di Sky, rendendo meno attraente l’idea di vendere pezzi di Lega. Al tempo stesso, impegnandosi con i fondi, Juventus e Inter avrebbero rischiato di dovere pagare penali nel momento in cui avessero deciso di aderire alla Superlega.

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