Primo vero colpo di mercato da Serie A del Lecce, per sette stagioni è stato il terminale offensivo dei giallorossi, ottenendo una promozione e due storiche salvezze. Con tanto di Mondiale conquistato durante la sua permanenza nel Salento.
Di bomber il Lecce nella sua storia ne vanta tanti, dall’epoca delle origini fino alle recenti prodezze valse il ritorno in Serie A. Restando tuttavia in tema di massima categoria, uno solo è il nome che più di tutti ha, per decenni, occupato con la sua maglia numero 9 animi e cuori dei tifosi giallorossi: Pedro Pablo Pasculli.
La punta di Santa Fe è infatti il bomber per eccellenza della storia della prima versione del Lecce tra i grandi. Il presidente Jurlano lo portò al club nell’estate del 1985, quella dell’allestimento della rosa per la Serie A, assieme al connazionale Barbas.
Era quella l’epoca d’oro del campionato italiano, all’unanimità considerato come il migliore al mondo. Magari non in termini di spettacolo, di certo in termini di competitività. Ecco perché anche le piccole neopromosse come il Lecce avevano bisogno del colpo di mercato, dell’attaccante di qualità superiore alla media della squadra per poter almeno competere con le rivali. E questi fu proprio Pasculli, considerabile il primo colpo dell’era giallorossa in Serie A.
Centravanti brevilineo, ma rapido e dotato di grande atletismo, l’argentino rappresentava il prototipo nel 9 anni settanta e ottanta. Un cecchino alla Gerd Muller, per caratteristiche, o ancor meglio alla Mario Kempes, suo connazionale del quale seguirà le orme in termini di successi albicelesti. Sì, perché dopo la retrocessione al primo anno con un Lecce troppo acerbo per la A, Pasculli avrà il prestigio di vincere il Mondiale ’86 con la sua Argentina. Iride raggiunto anche grazie alla sua marcatura negli ottavi con l’Uruguay.
Nonostante l’oro mondiale che lo rende l’unico calciatore ad aver vinto tale titolo durante la sua militanza nel Lecce, il santafesino resterà nel Salento anche in Serie B, per riconquistare la promozione a suon di gol, 12, due anni dopo. E saranno ancora le sue marcature decisive per i giallorossi a ottenere le prime salvezze del club in A, quelle datate ’89 e ’90, in cui il Lecce riesce a misurarsi a testa alta con il Napoli di Maradona, l’Inter dei record e le altre big dell’epoca.
Proprio nel 1990 Pasculli ottiene il suo record di centri in A con i salentini, 9. In totale il bottino in massima serie sarà di 29 gol, record battuto da Chevanton nel 2004. Le presenze e reti totali arriveranno, fino al 1992, a 214 e 53. Numeri importanti che lo rendono una delle bandiere della storia del Lecce.
Oggi Pasculli continua ad essere protagonista, sebbene di un calcio di caratura minore rispetto a quello che ha vissuto da giocatore. In panchina per lui diverse esperienze tra i dilettanti in Italia e altre in giro per il mondo, vedi quelle da ct dell’Uganda o, in ultima istanza, da allenatore dei gallesi del Bangor City. Ma il suo cuore, le sue nuove radici sono lì, in quel Salento che lo ha abbracciato ed adottato, portandolo nell’olimpo del calcio italiano.
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