Tra i più grandi prodotti di sempre del settore giovanile del Lecce, in maglia giallorossa è esploso, scrivendo pagine importanti della storia di un club che è stato “costretto” a lasciare. Al Via del Mare ci è tornato da avversario e anche per allenare, con risultati meno positivi.
Il Lecce è stata da sempre una squadra che ha puntato molto sulla crescita dei giovani, avendo al contempo un forte radicamento nel territorio. L’unione di questi due aspetti ha avuto come risultato, negli anni ottanta, un florido periodo di produzione di talenti autoctoni nel settore giovanile. Tra questi uno di quelli che ha fatto più strada, arrivando ad essere protagonista anche lontano dal Salento, è Francesco Moriero.
Nato e cresciuto nel capoluogo leccese, si è da subito distinto nelle giovanili giallorosse come elemento tra i più promettenti. Fisico asciutto ma potente al tempo stesso, dotato di grande atletismo e di una tecnica, dribbling in primis, da far invidia ai big della prima squadra, Moriero ha dovuto attendere solo il compimento dei 17 anni per debuttare tra i pro. E lo ha fatto per di più in un derby, perso a Bari nella B 1986/87.
Un segno del destino per uno che del Lecce è stato sempre tifoso, e che per la maglia ha sempre dato tutto, mettendo a disposizione dei compagni il proprio talento e la propria abilità nella corsa. Già nel secondo anno di prima squadra era titolare. Anzi, titolarissimo della squadra protagonista della seconda promozione di sempre in A. Quella categoria in cui dimostrerà di sentirsi da subito a suo agio, fino a contribuire alle due salvezze di fila con Mazzone alla guida.
Nel ’91, poi, il ritorno in Serie B, dove decide di restare nonostante le tante offerte per un talento ormai sbocciato, che a 22 anni vantava già 124 presenze in giallorosso. E tra i cadetti Moriero è decisamente di troppo: 34 presenze, 6 gol e numeri a non finire, che però non bastano a far andare il Lecce oltre l’ottavo posto.
L’estate dopo, quando era determinato a lottare per una nuova promozione (che in effetti arriverà), ecco la chiamata del Cagliari. E con essa un’offerta da oltre 5 miliardi che ha portato il Lecce a spingere il suo figliol prodigo in direzione Sardegna. Dove ad attenderlo c’era proprio quel Mazzone che a Cellino ha chiesto follie per strappare Moriero al club che lui tanto amava.
E che poco dopo ha spesso affrontato da avversario, con le maglie di Cagliari, Inter e Napoli, senza mai riuscire a superare lo scotto di quella cessione e del dover fronteggiare la sua squadra del cuore. Un episodio emblematico su tutti: quando era in nerazzurro si “rifiutò” di gonfiare la rete contro il Lecce, optando per il passaggio a Ganz anziché per la conclusione solo davanti a Lorieri.
Appesi gli scarpini al chiodo e avviata la carriera da allenatore, dopo gli inizi positivi l’obiettivo fu da subito solo uno: arrivare sulla panchina giallorossa. E la grande occasione arrivò nell’estate del 2013, quando fu chiamato assieme al conterraneo Miccoli per guidare l’assalto alla Serie B. L’impatto però fu pessimo: 4 gare, 4 sconfitte e l’esonero da parte di Tesoro. E, per lui, il rammarico di non essere riuscito a ripetere lo stesso, straordinario contributo che ha potuto offrire alla sua terra da calciatore.
In terza serie, la stessa categoria in cui avuto la breve parentesi da tecnico del Lecce, Moriero ci ha allenato per la maggior parte delle stagioni. Comprese quelle successive con Catanzaro, Catania, Samb e Cavese. Ma con uno sguardo sempre attento alle sorti una squadra, il Lecce, per cui non ha mai smesso di essere soprattutto tifoso.
Cosa è stato, cosa ha rappresentato per voi Francesco Moriero? Ditecelo qui.
