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Cavasin a CL: “L’ambiente Lecce fondamentale per le nostre salvezze. Di Corvino e Gotti dico…”

Abbiamo dialogato con l'ex allenatore giallorosso, attore protagonista delle prime due salvezze della gestione tecnica di Pantaleo Corvino

Mister, nel giorno in cui il calcio a Lecce taglia i 116 anni di storia è giusto ricordare i capitoli scritti anche da lei, allenatore del Lecce in Serie A per due campionati e mezzo, con due salvezze nel 1999/2000 e 2000/2001. Quali sono i più bei ricordi del Cavasin tecnico del Lecce? 

“Sono stati anni intensi. Sono stato accolto bene e ho avuto ottimi risultati in una terra dolce, affettuosa, dove mi sono integrato. I successi mi hanno aiutato a star bene. Ricordo due campionati, anche il terzo, fatto in un contesto tra società, territorio e tifoseria dove chiunque può star bene e io sono stato molto bene”.

A Lecce ha lavorato nella prima Serie A di Pantaleo Corvino direttore sportivo. Che rapporto avete avuto?

“La storia è nata in maniera veloce. Ci siamo trovati subito d’accordo, non ci conoscevamo e Corvino scelse me dopo la salvezza in B col Cesena. Mi propose la Serie A con il Lecce e dissi subito sì. Già dal primo incontro parlavamo di tattica, della scelta degli uomini, mi chiese il sistema di gioco per poi costruire la squadra. Fu un rapporto molto fluido, dove io ero sempre appoggiato, aiutato, a partire dalla costruzione della squadra. Dissi delle cose inerenti al mio sistema, ne discutemmo e lavorò per scegliere i giocatori giusti. Facemmo sempre così e mi chiedeva le caratteristiche di cui avevo bisogno, se mi andava bene. Il rapporto fu perfetto e tramutava nella collaborazione durante l’anno. Per un allenatore, il direttore è fondamentale. Il lavoro in campo si esprime per il valore dei giocatori. Dopo la campagna acquisti, che è importante, il direttore durante l’anno deve coprire le spalle sempre all’allenatore e Corvino con me lo fece perfettamente. Lo sa fare bene questo lavoro da fare durante l’anno. Ci sono calciatori non contenti in quel momento, le bizze dei procuratori, tanti rapporti sono gestiti dal direttore e da lì anche nascono i risultati della domenica. Nei successi non c’è solo lavoro di campo e preparazione fisica. Corvino è un ottimo professionista, sa il fatto suo, sa gestire e come funziona il calcio. Sa le dinamiche di ogni giorno, gli errori quotidiani li paghi la domenica”.

Quando si lotta per la salvezza si deve essere poi abituati ai momenti di difficoltà. Lo è il Lecce in questo momento e lo fu anche il suo Lecce che poi si salvò in una Serie A complicata a 18 squadre con 4 retrocessioni. Come vivevate i momenti difficili e come si usciva?

“Io sono sempre stato con la squadra in lotta per non retrocedere. Il campionato era difficile e quando si andava bene si era a 4-5 punti dalla terzultima, sempre con l’acqua alla gola. Ma non sempre era così, partivamo soffrendo e finivamo soffrendo. Il campionato era così, a volte c’erano 1-2 punti in più ma il campionato era quello, non pensavamo mai alla metà classifica. Erano campionato durissimi, quando finivamo necessitavamo di riposo in tutto e per tutto, soprattutto mentale. Ci sono stati momenti di crisi, quando prendevamo le batoste, esempio il 6-0 a San Siro. Le batoste pesanti davano difficoltà, mettevano paura rispetto alle sconfitte di misura. Le vivevamo insieme col pubblico, uniti. In trasferta avevamo un seguito sempre importante e in casa la tifoseria ci ha sempre aiutato, si sapeva che quello era il nostro campionato ed era una forza. Le svolte erano coi denti stretti, vivevamo in coda col punticino sapendo che ci saremmo salvati o no all’ultima domenica. Era consapevolezza di società, squadra, pubblico e mia. Erano campionati in cui la città ci ha fatti vivere, con società e corpo tecnico, senza difficoltà. L’ambiente Lecce ci ha sempre aiutato. In città la gente ci incoraggiava sempre, uscivamo con le famiglie e ricevevamo bei messaggi. Il territorio salentino ci ha reso onore, mettendo mai i bastoni tra le ruote. La società ci dava tutti i comfort possibili e noi ci salvavamo in casa, fuori facevamo fatica. Il Via del Mare e la città Lecce nel quotidiano ci aiutavano tantissimo”.

Il Lecce è stato affidato a mister Gotti, veneto come lei…

“Gotti lo conosco benissimo, anche di persona. Era il migliore allenatore sulla piazza al momento, troverà un posto simile a lui e sarà un buon matrimonio. Ha conoscenza, esperienza e ha vissuto analoghe situazioni con squadre di A. E’ un ottimo professionista, è l’ideale secondo il mio punto di vista, sa far calcio, sa legare con ambiente, giocatori e proprietà. Crea gruppo e fa giocare, conosce il calcio e ha già lavorato in situazioni così. E’ la scelta migliore ad oggi”.

Domani, si comincerà da una partita focale in casa della Salernitana. Iniziare con una partita significativa è meglio per mister Gotti?

“Oggi la Salernitana sulla carta è inferiore al Lecce. E’ un fattore che lo possiamo dire a partita finita se il Lecce vince, però prima della gara va letto così. La Salernitana si gioca lo 0,01 percento di salvezza e se la partita se la giocherà per la vittoria. Ci sarà una squadra alla pari e il Lecce dovrà dimostrare di essere più bravo. L’ambiente sarà ostile e se il Lecce dovesse giocar bene e far gol ci potranno essere delle contestazioni e ciò darebbe una mano. Il Lecce può far risultato e deve giocare al meglio delle possibilità. Secondo me il Lecce non è in crisi, non ha problemi, non è spenta con situazioni brutte. D’Aversa non è andato via per le difficoltà, ma c’è stato un episodio. Il Lecce ha una logica di calcio dimostrata, può stare in A. Ha sempre giocato a testa alta contro tutti e ha una fisionomia e una forza, sta bene. Gotti subentra in una squadra non in crisi ma che ha subito un episodio. L’allenatore si è ammalato in una squadra che stava bene. Se si vince si è a metà dell’opera, forse di più. Il Lecce deve pensare però all’obiettivo finale, salvarsi e restare lì fino alla fine. Non si può pensare di essere salvi a cinque domeniche dalla fine. Non è nelle sue corde, domani si entrerà in pista e al di là del risultato giocarsela fino alla fine. Con la Salernitana sarà sì chiave, ripeto se si vince a metà dell’opera. Senza offesa per la Salernitana, per Gotti è meglio giocare con loro che con altre squadre che stanno avanti”.

Qual è il suo presente, mister? Ha vinto un campionato di Promozione in Sardegna con il Bari Sardo, dove ha vinto un campionato di Promozione rivivendo un successo personale.

“Il mio presente è quello di credere di poter allenare ancora, chiaramente in situazioni da guardare bene. Due anni fa ho lavorato al Bari Sardo perché avevo voglia di lavorare, il campo quando non c’è mi manca sempre e se ci dovessero essere delle possibilità le guarderò, anche all’estero. Mi sento ancora di allenare, di scendere in campo. Il fisico tiene anche se qualche acciacco alle ginocchia c’è dopo il mio lungo passato da calciatore. Ora però vado in campo con la testa”.

Rimane iconico il suo furore agonistico in panchina al Via del Mare l’11 dicembre 1999 durante il derby contro il Bari vinto gol di Conticchio. Fango, diluvio e freddo non la impedirono di svestirsi e seguire i suoi ragazzi soffrendo furiosamente in maniche corte…

“Adesso mi spoglio meno. Allora, andavo in campo già un po’ meno di quello che serve ma dopo due minuti sentivo caldo. Mia mamma mi diceva al telefono quando ci sentivamo (in dialetto trevigiano, ndr) ‘Berto, non buttare via la giacca e metterti il berretto che già sei senza capelli, devi tenere il berretto, me lo raccomandava prima di ogni partita’. Quando si è così passionali, è normale. Anche nelle ultime panchine avevo caldo, ma non come allora”.

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1 mese fa

Mister io avrei voluto te come traghettatore ❤️💛❤️💛

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