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Centrocampo sopraffatto e idee davanti, i due nodi tattici del ko con l’Udinese

L’analisi tattica di Lecce-Udinese 0-1 ci lascia in eredità una squadra boccheggiante sul piano atletico, corta nella linea mediana e incapace di trovare l’idea giusta negli ultimi metri. I rinforzi e la crescita di alcuni elementi dovranno contribuire a invertire una rotta che rischia di diventare pericolosa.

La terza sconfitta consecutiva in partite sulla carta meno proibitive rispetto all’avvio difficile fa male. Dopo Brescia e Bologna, è l’Udinese a gioire al Via del Mare. Zero punti in due gare consecutive davanti ai propri tifosi non possono far stare tranquillo neanche il più ottimista dei fan, ma l’andamento del torneo era preventivabile. Sia chiaro, nessuno dotato di razionalità e memoria calcistica s’immaginava un Lecce sorpresa del torneo, ma la striscia negativa e il problema mura amiche destano dubbi che la società e il tecnico sono chiamati a risolvere. I giallorossi sono lì nei quartieri medio-bassi a battagliare nella zona salvezza con una fetta di concorrenti che, al momento, si riduce pian piano.

SCONFITTA ALL’ULTIMO. Il guizzo di De Paul, arrivato a due minuti dal 90′, anticipa già uno dei due nodi tattici della sfida di ieri: il ventaglio di idee in attacco. Fatta eccezione per le due occasioni nella prima frazione, la bordata di Babacar sulla traversa e il sinistro di Mancosu schiaffeggiato da Musso, il Lecce si è bloccato spesso una volta guadagnati i sedici metri avversari. Soprattutto nella ripresa, abbiamo assistito spesso a scene dove i palleggiatori giallorossi temporeggiavano al limite dell’area prima del cross dove De Maio, Troost-Ekong e Nuytinck, i corazzieri di Gotti, hanno avuto la meglio. Neanche Falco, principale fonte di creatività dello scacchiere liveraniano, è riuscito a scavalcare il possente muro friulano.

FISICITA’. Dal possente muro si arriva al secondo fattore, evidenziato anche da Liverani: l’Udinese aveva due velocità in più del Lecce e la differenza si è notata nella ripresa quando i bianconeri hanno trovato ordine in campo dopo un primo tempo un po’ più pasticciato. Tachtsidis e compagni si sono macchiati dei purtroppo già visti errori in fase di uscita e i friulani hanno avanzato pian piano il proprio baricentro sino a schiacciare i padroni di casa nella propria area. Neanche la carta contropiedista con Farias ha cambiato un leitmotiv ormai scritto. Il Lecce, a tratti si è notato, faticava tantissimo anche per recuperare il possesso, il doppio rispetto all’Udinese. Frequenti raddoppi e chilometri percorsi a rincorrere la sfera hanno, ovviamente, inciso sulle mancate scelte vincenti in avanti.

MAYDAY A CENTROCAMPO. Il principale fattore di criticità nella ripresa, dopo un primo tempo dove si sottolinea la positività del Lecce è stato in mezzo. Il trio Petriccione-Tachtsidis-Tabanelli più Mancosu è stato sommerso dalla corsa, dai muscoli e dalle linee di passaggio dell’Udinese. Fofana ha spesso fatto pesare la superiorità numerica nel cuore del rettangolo verde con le sue difese di palla e gli strappi di De Paul e Mandragora hanno innescato la miccia che ha portato l’undici di Gotti a crescere nella ripresa, dai gol annullati a Okaka al punto vincente di De Paul. C’è poco da nascondersi a riguardo: il segnale di emergenza lanciato in campo è stato ripreso dal tecnico: questa squadra, lo dicevamo già ieri, ha bisogno di rinforzi da poggiare sulla base che, positivamente per la maggioranza dei senatori, ha tirato la carretta fino a questo punto.

 

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