Tra i tanti spunti raccolti nelle interviste rilasciate in settimana da Fabio Liverani, quello di oggi esce dal rettangolo verde di gioco e affonda nelle origini del tecnico.
Fabio Liverani racconta le sue impressioni e, interpellato anche su temi extracalcistici oggi sul Corriere della Sera, disegna il suo pensiero su tematiche ben più importanti dei 90′ che il Lecce affronterà domani. La lettura dell’ex calciatore si mischia anche con l’orgoglio portato avanti dai familari.
L’UMILTA’. Parlando della palma da assegnare al miglior tecnico al mondo, Liverani, nello scegliere Klopp, alimenta il valore dell’umiltà. Il tedesco la porta in dote assieme alla continua sperimentazione. Umiltà, per Liverani, vuol dire patrimonio trasmesso dalla madre: “Rimanere umili e cercare traguardi, come insegnava mamma, è il calice a cui abbeverarsi nella vita” sancisce.
LA SOMALIA. Il discorso, su esplicita domanda sulle origini della madre, che è stata profuga di guerra somala, si sposta. Liverani, nato a Roma nel 1976, riporta le vicissitudini della famiglia che lasciò la Somalia a seguito del colpo di Stato militare che rovesciò la Repubblica per portare al potere il generale Siad Barre: “Mio nonno era un ministro del governo somalo -racconta Liverani- ma poi situazione precipitò. Lei scappò giovanissima e giunse a Roma dove conobbe mio padre”.
MIGRAZIONI. Non si può, infine, non immaginare un continuum con le migrazioni d’oggi e il problema-razzismo sofferto in Europa: “Bianchi o neri, il mondo si divide in uomini giusti e sbagliati. I giusti vanno aiutati e messi nelle condizioni di integrarsi nel nostro Paese, gli sbagliati no. Fondamentale è che la politica stabilisca regole chiare e che chi sbarca da terre lontane si attenga a queste regole”.
Uno che sa usare la testa
Analisi giustissima.
La saggezza non gli difetta, bravo mister.