L’analisi tattica del pareggio raccolto al Marulla di Cosenza racconta ancora una volta di un Lecce sì in crescita sul piano del gioco, ma ancora impreciso e poco cinico al momento di realizzare.
Un piccolo passo in avanti rispetto all’abulia di tiri nel primo tempo di Lecce-Cremonese. Ma resta ancora forte la sensazione di non riuscire a convertire in gol le buone idee disegnate per questa stagione. Eugenio Corini lo sa e parla di un “macro“, la costruzione delle azioni offensive con trame veloci e riempimento dell’area, che non partorisce ancora i gol meritati. Non si può non leggere Lecce-Cosenza 1-1 senza partire dalla bontà di palleggio fornita dal Lecce, tratto che però non è bastato a dare un doppio vantaggio al termine dei primi quarantacinque minuti.
La prima metà di Cosenza-Lecce 1-1 è andata così. Al netto delle prime occasioni cosentine in avvio (rischio di Tachtsidis in appoggio, chiusura di Gabriel su Carretta), Coda ha trovato il gol, con un pizzico di fortuna, alla prima conclusione. Tra il 22′ e il 25′ si sono attestati i più grossi rimpianti. Prima il penalty sparato centralmente dallo stesso Coda e poi il clamoroso tiro mandato a lato da Stepinski. Di diversa fattura sono state altre situazioni offensive, ovviate dall’attenzione della retroguardia del Cosenza.
Nella ripresa, Wladimiro Falcone ha annullato i momenti di maggior pericolosità del Lecce, volenteroso a folate come i padroni di casa, on fire dopo il gol di Gliozzi. La bravura del portiere ha disinnescato le iniziative di Henderson, ieri una sorta di “trequartista muscolare”, Coda e Pettinari. Meno preciso è stato invece capitan Mancosu, entrato al 60′, ispiratore sì dei compagni ma autore di un piatto da ottima posizione dirottato sopra la traversa. Resta la preziosa duttilità di Paganini, già visto in tre ruoli: esterno d’attacco, rifinitore e mezzala destra
Il rovescio della medaglia è la sofferenza che i giallorossi patiscono in fase difensiva. Gabriel, dopo la doppia parata di mercoledì contro la Cremonese, è stato ancora decisivo per evitare lo svantaggio. In questa sede, ovviamente, non si contesta l’operato della retroguardia intesa come reparto e interpreti, ma l’intera fase. Fisiologicamente, l’identità offensiva scelta dal Lecce causa gli straordinari a Lucioni e compagni e anche le piccole sbavature risultano più evidenti perché preludio di conclusioni avversarie a botta sicura. Segnare un gol in più, Corini docet, è il principale argomento di lavoro in vista di un’augurata crescita. Servirà continuare su questi binari, migliorando sottoporta, per evitare imbarcate pesanti sul piano del risultato che potrebbero anche minare la stima e i progetti del nuovo Lecce.