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GdM – Miceli ricorda Lorusso e Pezzella: “Ecco come ho appreso la notizia della loro morte”

Trentasette anni fa, il 2 dicembre 1983, in un tragico incidente avvenuto lungo la Lecce-Bari, nei pressi di Mola, persero la vita Michele Lorusso e Ciro Pezzella, bandiere del Lecce ed autentiche icone della squadra giallorossa, entrambi amatissimi dai tifosi, ma anche dai calciatori che, all’epoca, hanno giocato con loro.

Carmelo Miceli, che ha militato nel Lecce, con Lorusso, dal suo arrivo in seno alla società salentina nel 1977/1978, sino alla data dell’evento luttuoso ricorda il tragico evento a La Gazzetta del Mezzogiorno (intervista di Antonio Calò)

RICORDO DI MICHELE. «Con Michele sono cresciuto. Lui faceva parte del sodalizio giallorosso dal 1970 ed aveva 11 anni più di me. Io ero un giovane che si affacciava al calcio che conta. Mi prese sotto la sua ala protettiva, era prodigo di consigli, mi spronava. Abitavamo in via Corrado Giaquinto e spesso uscivamo in giro per Lecce la sera.  Mi portava allo stadio per gli allenamenti con la sua Mini Minor.  Era un terzino che spesso fluidificava. Dotato di una grande corsa e di una grinta straordinaria, una carica fuori dal comune. In campo dava l’anima e fuori era una persona molto disponibile con tutti. I supporter stravedevano per lui, come sempre accade con chi non lesina mai le energie e dà sempre il top. E ‘stato un grande esempio per noi ragazzi».

RICORDO DI CIRO. «Siamo stati compagni di squadra nel 1977/1978 e nel 1978/1979. Poi è tornato in seno al club salentino nel 1982/1983, iniziando la stagione 1983/1984, nella quale è accaduta la tragedia. Aveva un carattere di ferro, era un tantino introverso, ma aveva un sorriso per tutti. Un gran bravo ragazzo. E’ stato un difensore centrale granitico, un autentico baluardo della retroguardia. I sostenitori giallorossi lo amavano».

LA BRUTTA NOTIZIA. «Io e Ciro avevamo timore di volare, dopo una brutta avventura vissuta all’atterraggio a Brindisi, dopo una trasferta. Così preferivamo spostarci in treno. Nell’occasione, dovevamo scendere in campo a Varese.  Tutti gli altri compagni ed i componenti dello staff presero l’aereo, eccezion fatta per Michele, che in extremis decise di partire anche lui in treno. Io partii dalla stazione di Lecce, mentre Pezzella e Lorusso stabilirono di recarsi in auto sino a Bari. Da li avremmo proseguito insieme alla volta di Milano, in cuccetta».

MA A BARI NON TROVAI NESSUNO. «La cosa mi preoccupò ma all’epoca non c’erano i telefoni portatili né internet per avere notizie. La mattina seguente arriva a destinazione e presi un taxi per proseguire per Varese. L’autista, non sapendo chi fossi, mi chiese se avessi letto o sentito in televisione del tragico incidente nel quale avevano perso la vita due calciatori. Fui assalito da un tremendo sospetto e provai a saperne di più, ma lui capì che fossi in ansia e lasciò cadere l’argomento. Una volta in albergo, ebbi la notizia della tragedia e trovai tutti i componenti della famiglia giallorossa sconvolti ed attoniti».

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