Il rischio di un periodo di dominio assoluto era quello di prendere sottogamba la gestione difensiva degli avversari. Così è stato e ieri, ed è costato due punti.
Diciamocelo: le avvisaglie di una fase di non possesso dalla cintola in giù non propriamente esaltante c’erano state da sempre, praticamente dalla vittoria con l’Ascoli. Difficile però, per tifosi, giornalisti ed a quanto pare anche per i protagonisti dargli troppo spazio, soprattutto quando surclassi l’avversario con 3, 5 o 7 gol e con un gioco dominante, a tratti perfetto. Mantenere quei risultati e quelle prestazioni ad oltranza è tuttavia impensabile, ed ecco perché nemmeno la più forte delle squadre può permettersi di incappare in peccati di presunzione che portino a giocare con sufficienza. Come avvenuto ieri.
Eppure le avvisaglie del fatto che il Lecce contro il Venezia non avrebbe potuto ripetere alla perfezione i recenti spartiti c’erano tutte. Nei primi venti minuti, quelli che hanno preceduto il gol, i giallorossi hanno toccato con mano la solidità lagunare, così come la mancanza di fluidità di una manovra che (e ci sta) non stava vivendo la sua giornata top. A quel punto pensare ad una gara sulla falsariga della ripresa con il Chievo, fatta di lotta e pazienza in attesa di trovare l’episodio propizio era un obbligo. A maggior ragione dopo il vantaggio di Mancosu, arrivato proprio dopo un’estemporanea giocata “alla falco” di Coda. Invece lì l’undici di Corini si è sciolto.
Forse pensando che a quel punto la strada verso una nuova goleada casalinga fosse spianata, i giallorossi sono usciti dal campo. Hanno iniziato a subire la verve lagunare, non prestando troppo caso al fatto che questa meritava di essere contenuta a dovere. Insomma, si è manifestata la presunzione di chi ha dimenticato (per un momento, sia chiaro) il lavoro fatto per costruire quanto visto nel mese precedente, quasi come gli fosse dovuto. Invece no, di partite da vincere giocando male e con il minimo scarto ce ne saranno, inevitabilmente.
Solo con la sufficienza di chi incappa in cali di attenzione si possono infatti leggere gli atteggiamenti tenuti dai giallorossi in occasione delle due marcature di Forte. L’intercettazione lisciata di Adjapong, i due metri concessi da Meccariello e Zuta, le flebili opposizioni ai cross, l’apice con Paganini girato di schiena sul pallone del raddoppio: una decina di indizi che, decisamente, fanno una prova.
Eccola la cosa su cui il Lecce non può, ma deve migliorare. E qui non si parla di aspetto tecnico o tattico, che verrà analizzato più in là, bensì come più volte rimarcato di atteggiamento. Una sufficienza, una mancanza di attenzione e di cattiveria su certi palloni che non si può ripetere in chi si gioca tanto, e sa di avere i mezzi per vincere. Lo ripetiamo da diverso tempo: questa B è un inferno, guai a sentirsi arrivati. Un quid in più che deve partire dai calciatori. Al resto ci penserà il mister.
Leggerezza
Appagatezza?
Ora 2 match cruciali
Per capire se siamo da promozione o solo da playoff
Bla bla bla bla, gli ” esperti” da tavolino scrivono, dicono, emettono se more con bla bla bla bla, tralasciando la qualità di elementi che di difensori non hanno molto da dare. Nomi? Guardate i due centrali della “corazzata” e capi rete. Oggi È una mezza corazzata. Diventerebbe intera se il DS Corvino la finisse di guardare dal centrocampo in su . Mi hanno insegnato che i campionati si vincono con una forte difesa.
Ah quindi per te gli errori visti ieri sono solo frutto di una rosa non all’altezza? Ma stai scherzando spero. Se Paganini va molle sul secondo gol che colpa ha Corvino o Meccariello, per citare un difensore? La difesa potrebbe avere nomi più altisonanti, questo si, ma secondo me Corini deve inculcare un atteggiamento diverso e basta.