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Il gol di Maggio in Lecce-Chievo: un inno al perché è importante la costruzione dal basso (VIDEO)

L’impostare l’azione attraverso il paziente palleggio a tutto campo è tema caldo in queste ore. Il Lecce di Corini ieri ha scritto un manifesto (tra i migliaia esistenti) circa la sua inconfutabile utilità.

Minuto 7:30 di Lecce-Chievo, Hjulmand conquista palla a centrocampo: deve scegliere se spazzare per fare pulizia, toccare per la punta spalle alla porta o nello strettissimo in verticale per Majer. O, ancora, affidarsi alla costruzione dal basso. Retropassaggio al libero Lucioni, che allarga a Meccariello. Testa su, sguardo in avanti ma l’avversario è ben messo in copertura, dunque meglio girarla di nuovo al vice-capitano. Che, non senza rischi (i clivensi nel frattempo hanno avanzato il pressing), la tocca a un Gabriel già pressato. Il portiere potrebbe mandarla lontano e invece opta, come da copione, per il compagno più vicino, ancora Meccariello. Questi cerca un difficile pallone corto per Gallo e infatti è intercettato ma, una volta ritrovato il pallone, può aprire per il liberissimo Majer superando la linea di pressing di sei (SEI) uomini gialloblù. Cinque rischi presi per arrivare a quel punto, ma proprio da quel punto in poi è tutto in discesa per il gol di Maggio.

Abbiamo voluto fare questo incipit perché quanto su descritto è un po’ il manuale d’istruzioni nonché la risposta a tutti i perché relativi ad un tema tattico che sta tenendo banco incontrastato, a Lecce e non solo: pro e contro della costruzione dal basso. Un metodo del quale dalle parti del Via del Mare ne abbiamo avuto a lungo prove sotto forma di vera e propria mission tecnica con Liverani. Questa poi bissata, seppur con dettagli ben diversi, da Eugenio Corini. Quanto veramente serve? Perché gli allenatori ci tengono così tanto a renderla protagonista dei propri progetti? Una risposta che nella sola dialettica astratta rischierebbe di sforare della spicciola filosofia calcistica. Così ci siamo affidati ad un’azione concreta ancora freschissima nelle nostre menti.

Un’ulteriore premessa è doverosa: per chi scrive certe questioni bisognerebbe porsele (più per gioco e per passione), ma fino ad un certo punto. Ci sta infatti mettere in discussione determinate scelte o alcune sfumature sulle quali i tecnici scelgano o meno di puntare. Tuttavia da qui a dubitare addirittura della validità stessa di un’opzione tattica divenuta ormai basilare (e l’imitare goffamente Guardiola non c’entra nulla, il fraseggio ad oltranza è tutt’altra cosa) ce ne passa.

Ecco, per chi vuol fare calcio oggi la costruzione dal basso è, di base, un aspetto dal quale risulta difficile prescindere. A meno che non si giochi con avversari di livello eccessivamente inferiore, o ridotti in 8 o ancora tutti riversi in attacco alla ricerca di una rimonta, trovare spazi nei quali esprimersi è sempre più complicato. Ora, la possibilità di attaccare la porta avversaria passa attraverso (riassumendo tanto banalmente quanto eloquentemente) due atteggiamenti: attendere l’altrui giocata per agire di rimessa o creare opportunità con proprie “invenzioni”. Queste ultime risultano comprensibilmente difficili con un lancio o una verticalizzazione, perché si incapperebbe in una squadra avversaria schierata, a meno che non si abbia Jan Koller (una delle punte più alte della storia del calcio) o il rivale non commetta errori grossolani. Elementi certamente rari e/o casuali.

Costruendo la manovra partendo dal portiere, invece, si possono scardinare le armi difensive della controparte arrivando in situazioni di (tornando a noi) di quattro contro quattro altrimenti impossibili. Per far sì che ciò avvenga bisogna allenarsi, provare ed osare in partita. E questo vuol dire provare brividi dalla cintola in giù (si veda Gabriel non anticipato di un soffio) o rischiare di incorrere in figuracce in stile Bentancur in Porto-Juve. Quasi sempre, comunque, queste sono figlie di singole disattenzioni che possono comunque avvenire (lo si vede ogni week-end) anche con altre attitudini meno pericolose. Ciò che invece non avviene mai, al contrario, è che l’avversario si apra dal nulla indicandoti la strada verso la propria porta.

Pressing per evitare l’altrui costruzione lineare e costruzione larga in fase di possesso: il calcio moderno offensivo si basa su queste due pietre miliari (scoperte non certo oggi e che hanno avuto precursori, per aspetti diversi, in Corrado Viciani e Zdenek Zeman). Non può essere il singolo episodio negativo una tantum a farci venire dubbi sulla bontà di questa forma mentis. E non può certo reggere il concetto per cui “eh ma solo chi ha i piedi può fare questo tipo di gioco”. Se non se lo possono permettere i difensori professionisti, non possiamo farlo certo noi nei campi in cemento con le buste biodegradabili a fare da pali.

L’obiettivo degli allenatori è costruirsi le vittorie, non aspettare che queste cadano dal cielo. Ecco perché loro sono in panchina o nei centri d’allenamento a cercare di trovare il modo più intelligente e attivo per farlo, mentre noi stiamo seduti dietro un pc pronti a criticare ed a cercare il senso che è più lampante di quanto pensiamo. Perché le risposte sono lì, davanti a noi, almeno 90 minuti a settimana.

Di seguito i 20 secondi finali dell’azione sopra descritta, ovvero dal momento in cui Majer ed Henderson ricevono il tocco di Meccariello fino al mancino risolutivo di Maggio con i giallorossi in parità numerica in area avversaria.

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Commento da Facebook
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3 anni fa

Grazie per l’interessante spiegazione.

Giorgio Cheva
Giorgio Cheva
3 anni fa

Avanti così

Antonio 96
Antonio 96
3 anni fa

E se ci riusciamo noi cu ddri scausacani de centrali ca tienimu

Alessandro M
Alessandro M
3 anni fa

Bellissimo articolo, che mi trova pienamente d’accordo

Maurizio Perrone
Maurizio Perrone
3 anni fa

Complimenti vivissimi per l’analisi ??

Antonello
Antonello
3 anni fa

Grandi, andava detto

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