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Rivoluzione liveraniana repressa da episodi e limiti: i freddi numeri vincono sui sogni

A Bologna, il Lecce ha combattuto anche contro le proprie criticità. Presi gli schiaffi, però, l’insistenza dei dettami imposti dal tecnico ha quasi compiuto il clamoroso ribaltone. Analizziamo tatticamente la gara di ieri, ancora una volta fotografia del campionato.

Ti puoi salvare in Serie A se ogni partita comincia con almeno un gol regalato? Seppur riteniamo Fabio Liverani il principale, se non unico, top player del Lecce, a questa domanda ad oggi dobbiamo malvolentieri rispondere di no. Non per opinionismo dell’ultim’ora, bensì per fredda constatazione di ciò che è successo ancora una volta sul rettangolo verde.

La rivoluzione ambiziosissima intrapresa dal nostro tecnico quasi sicuramente non porterà all’obiettivo massimo. Tantissimi elogi presi in ogni dove per la ricerca della permanenza in A, da centrare non con le barricate difensive ma con un gioco propositivo, resteranno, e sottolineiamo purtroppo, parole al vento condannate al dimenticatoio dei più e non episodi pregressi di un’impresa scolpita nella storia della Serie A.

Il Lecce lascerà quasi sicuramente la massima serie e il percorso dei salentini sembrerà paragonabile a quello dell’Empoli allenata l’anno passato da Aurelio Andreazzoli. Al Castellani, però, fu compiuto l’errore di allontanare e poi richiamare il tecnico, protagonista di una risalita finale sfumata all’ultimo turno dopo la sconfitta con l’Inter, contestuale al “pareggio della paura” tra Fiorentina e Genoa. Le analogie però si fermano qui. Il lockdown e la ripresa dei giochi, però, rendono quest’appendice di torneo un surrogato necessario del calcio giocato al meglio.

Lasciare la Serie A così però fa male. Lo dicevamo dopo il Genoa e lo diciamo ancora una volta dopo il rocambolesco ko di Bologna. Prima di passare in rassegna gli episodi che hanno scatenato le proteste di Sticchi Damiani e Liverani, ripartiamo dall’assunto iniziale. I salentini, ancora una volta (e lo abbiamo anticipato già oggi) si sono approcciati male ad uno scontro diretto. Se col Genoa l’errore sanguinoso si è limitato al Sanabria-gol, in Emilia il passivo iniziale è stato doppio, senza poi contare le occasioni fallite da Barrow e Soriano, di poco imprecisi e chiusi da Gabriel nel primo tempo.

Il calcio è un gioco bellissimo, ma fatto anche di numeri. In 12 minuti, il Lecce ha subito 6 occasioni da gol, di cui due capitalizzata. Troppo, troppo, troppo, per una squadra che scende in campo consapevole di giocarsi le ultime chance di vita. Si è entrati in campo con l’impressione di trovare una squadra demotivata? Le gambe non rispondono in modo sufficiente alle idee dopo lo stress del lockdown? Non ci si può nascondere dietro una sola causa quando si esamina uno scioccante inizio di gara.

“Le motivazioni non si comprano al supermercato”, così Sinisa Mihajlovic ha punzecchiato il suo Bologna, a secco di vittorie da cinque match, prima della gara con il Lecce. Skov Olsen, Soriano, Sansone e Barrow, per lunghi tratti hanno tagliato come il burro la difesa leccese, troppo vulnerabile per essere vera. A metà ripresa, il Bologna, forse troppo sicuro, ha calato il ritmo, favorendo la costruzione dal basso del Lecce. Il gol di Mancosu, raggiunto su corner con il classico riempimento dell’area, è stato vitale per impostare meglio la seconda parte di gara.

Sul 2-1, il Lecce ha preso violentemente in mano la partita spinto finalmente dalle giocate di Filippo Falco. Con il baricentro alto, a tratti altissimo, il centrocampo con Petriccione (meglio di Tachtsidis) insieme a Barak e Mancosu, ha superato i dirimpettai felsinei. Il 10 ha ammattito la difesa del Bologna quasi in solitaria e, dopo un pregevolissimo tiro a giro non capitalizzato nel primo tempo, ha inferto la stoccata del pari con un’azione solitaria conclusa da un sinistro secco alle spalle di Skorupski.

Il pari ha poi dato ulteriore benzina nelle gambe di un Lecce però scarico e, anticipando la principale criticità lamentata anche da Liverani, cortissimo nelle soluzioni offensive. Gianluca Lapadula, visibilmente non al top, si è sacrificato fino alla fine, ma è mancato il cambio di passo da pescare dalla panchina per convertire in punti, in gol e in sicurezza gli enormi, e ripetiamo enormi, sacrifici di una squadra che per l’intero torneo ha cercato di sopperire in tutti i modi a limiti tecnici e errori.

Più del contatto nel finale Mancosu-Denswil, di lettura non facile, la fotografia di Bologna-Lecce 3-2 è il mancato sorpasso a firma Filippo Falco. Un’altra azione offensiva con almeno quattro giocatori in maglia bianca protesi nell’area di Skorupski ha visto il fantasista di Pulsano con il pallone sul sinistro nel cuore nell’area. Il diagonale di sinistro, chiuso al punto giusto, era irrangiungibile per l’ex portiere della Roma, ma il prorompente recupero di Krejci ha strozzato in gola un urlo che anche Sinisa Mihajlovic avrebbe definito meritato.

La rivoluzione liveraniana si ferma ancora una volta a pochi passi dalla presa della Bastiglia. Ma sono solo i centimetri sulle traiettorie con protagonisti Jagiello e Krejci le variabili fondamentali. No. Non solo. Solo il Lecce di Zeman nel 2004/2005 riuscì a cogliere la salvezza (anche se lì è un’altra storia) nonostante la maglia nera di difesa più battuta.

Molto probabilmente, il futuro del tecnico sarà lontano dal Salento e le sue idee, per tanti versi innovative, saranno applicate da altri interpreti in campo, molto probabilmente più confacenti al tipo di calcio ideato da Liverani. Forse altrove non si parlerà di rivoluzione liveraniana, un concetto “storico-sportivo” ascrivibile solo al Lecce 2019/2020, ma in un ideale bilanciamento tra meriti del tecnico e errori costati cari al Lecce, la bilancia penderà sensibilmente sempre sul primo piatto.

 

 

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1abbonato
1abbonato
3 anni fa

Metti juric in panchina..il lecce avrebbe fatto il grande campionato del verona avrebbe segnato meno ma secondo me sarebbero bastati perche 80 pappine non le avremmo prese..la rosa del verona era da b..ma juric bada al sodo non vuole i complimenti o gli applausi dello sconfitto vuole punti e anche io.

Albj
Albj
3 anni fa

La giusta disamina di un campionato voluto ed approvato da società è & tifosi! Si perché anche noi abbiamo le nostre colpe avallando con gli abbonamenti quanto la società stava facendo è pretendendo calciatori di serie A. PERCHÉ assetati di quel grande calcio che da anni ci mancava. Avremmo dovuto far maturare i nostri calciatori senza pretendere la luna senza binocolo la prima volta.

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