Ieri contava vincere, e il Lecce lo ha fatto soffrendo, tanto. 28 percento di possesso palla una difesa coriacea che ha avuto in Wladimiro Falcone l’ultimo baluardo. Nel primo tempo, la pressione della Salernitana sulla corsia di destra ha messo un po’ in difficoltà Gallo. A partire dalla parata al 24′ su Tchaouna, già sprizzante nel colpo di testa in avvio respinto a mano aperta, Falcone ha messo in campo la sua bravura e i suoi riflessi negli interventi tra i pali.

Il terzo clean sheet del campionato, secondo contro la Salernitana dopo il 2-0 dell’andata, è però figlio soprattutto delle due parate in successione al 74′: chiusura a croce su Simy e, soprattutto, il tuffo velocissimo con la mano sinistra sul piatto velenosissimo di Gomis sbucato all’improvviso in una selva di gambe. La conclusione, partita dal vertice alto dell’area, è stata sventata grazie alla concentrazione del portiere, autore di un intervento che, se errato, avrebbe ribaltato probabilmente molte valutazioni. Questione di incroci.

La macchia in una prestazione da MVP è la poca sicurezza nelle uscite alte. Falcone opta spesso per le respinte corte sui cross alti spiovuti verso la sua area non rischiando la presa. Pensando alle parate e alla loro portata decisiva, soprattutto alla luce del punteggio e delle prestazione totale di Falcone, è normale che gli aspetti positivi superano le criticità. Dall’altra parte è giusto sottolineare l’importanza del dettaglio minimo nel minitorneo salvezza in cui il Lecce, grazie al ritorno della vittoria celebrato ieri, torna a correre.