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Conte raccontato dagli amici leccesi Moriero, Morello, Garzya e Monaco

Sul settimanale Sportweek è stato pubblicato un lungo reportage sul salentino, neotecnico dell’Inter. Sono stati intervistati quattro ex compagni della Primavera giallorossa. Tante le rivelazioni…

Il Carlo Pranzo di Lecce, vecchio stadio dell’Unione Sportiva, è stato lo speciale teatro della strana intervista quadrupla a Checco Moriero, Walter Monaco, Gigi Garzya e Sandro Morello. L’argomento? Un compagno…che di strada ne ha fatta: Antonio Conte, tornato ad allenare in Serie A all’Inter dopo il bilancio positivo con la Nazionale  e i trionfi al Chelsea.

I cinque, Conte più i quattro intervistati, facevano parte di una delle più floride nidiate di talenti della città. Il gruppo allenato da Ciccio Cartisano poteva contare anche su Gianluca Petrachi, prossimo a diventare d.s. della Roma Giuseppe Luceri e Salvatore Ciullo. L’apoteosi di quel ciclo, ricorda l’inserto della Gazzetta dello Sport, avvenne nel marzo 1989 a Pisa. All’Arena Garibaldi, Mazzone schierò sette leccesi cresciuti nel vivaio. E Conte mancava.

Il destino e il talento ha portato via dalla terra natia tutti i talenti, legatissimi tra loro e lieti di parlare del compagno che in panchina ha sfondato.

MORIERO. “Antonio è un professionista esemplare. Darà tutto come sempre, altro che ex juventino. L’Inter si è assicurata uno dei migliori tecnici al mondo”. Poi si passa ai ricordi: “Avevamo pochi soldi e tanta fame di successo. Le nostre famiglie ci hanno aiutato tanto, però tutti noi insieme siamo cresciuti in fretta. In campo, Antonio giocava alle mie spalle, in mezzo al campo, e io partivo all’arrembaggio sulla corsia grazie alla sua copertura”. 

MONACO. A Walter Monaco è legato un episodio che simboleggia la forza di quei ragazzi. Nella partitella settimanale prima di un Lecce-Lazio, Monaco infila 12 punizioni a Giordano Negretti, portiere della prima squadra, e alla tredicesima coglie la traversa. Il numero 1 lascia il campo infuriato e lo staff del Lecce si stropiccia gli occhi.

MORELLO. “Ad anni di distanza capisci che ci siamo aiutati a vicenda per diventare presto dei professionisti. Sono state fondamentali le opportunità concesse da una società che puntava sui giovani. La svolta? Nel 1985-86. Noi, sedicenni, facemmo da cavie al preparatore atletico Roberto Sassi, un innovatore per l’epoca. Ci davamo dentro e il lavoro ha pagato nel tempo. Conte si applicava più di tutti e colse i migliori benefici. A Gubbio, in ritiro, Cartisano doveva tenerci a freno. eravamo esuberanti fuori”. 

GARZYA. Il difensore centrale rimembra un episodio simpatico con vittima proprio l’allenatore Ciccio Cartisano: “In Sicilia ci tuffammo in piscina nonostante il divieto, osservato solo da Conte. Dopo un po’ anche lui si getta in acqua e il tecnico, rassegnato, disse ‘Antonio, pure tu… ‘Ci siamo aiutati a diventare professionisti anche così. Conte era già un martello da piccolo. Gli sono grato perché ha fatto il mio nome per l’incarico che ho avuto con l’Under 19 da vice di Evani. L’ha fatto per stima, mi riempie d’orgoglio perché lui sa riconoscere il merito”.

CARTISANO. L’ormai ex allenatore chiude il racconto: “I ragazzi ci hanno regalato tante gioie, ma a quei tempi erano ribelli. Antonio era il più predisposto a imparare: chiedeva sempre indicazioni su come sistemarsi e le girava ai compagni. Aveva già l’approccio da allenatore, facile dirlo adesso. Era il più responsabile”. 

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