Dalle colonne del quotidiano sportivo nazionale argentino Olè, il difensore racconta la nuova quotidianità con cui ha imparato a convivere ai tempi dell’emergenza sanitaria.
STOP FORZATO. “Qui hanno scherzato con il virus e dopo si è cominciato ad avere paura. Vivo in un appartamento di una zona centrale della città e non vedo nessuno in giro, la gente non esce. Sono aperti supermercati e farmacie: solo qui ci sono code per entrare. Non ci alleniamo da due settimane e ora nessuno ci scherza più sopra. Passati i giorni, dopo che si sono cominciati a contare i morti, la gente ha iniziato a rendersi conto, specie da quando il Governo ha imposto di restare tutti a casa”.
GIORNI DIVERSI. “Parlo con la famiglia, con gli amici, guardo serie tv: le misure poi sono state prese molto rapidamente. Leggo le notizie, osservo i social e vedo anche che ci sono ancora quelli che continuano a vivere la loro vita normalmente. Non mi so spiegare cosa passi nella testa di molti, mi auguro che possano cambiare, che assumano coscienza della gravità di quello che succede”.
RESTARE A CASA. “L’unica soluzione è restare chiusi ciascuno a casa propria. Per quello che è possibile fare in un appartamento, mi alleno da casa due volte al giorno con il programma che mi è stato inviato”.
NESSUN SINTOMO. “Nessuno della squadra li ha ravvisati. Siamo in contatto quotidiano con lo staff medico: ci chiedono ogni giorno di misurare la temperatura e di inviargli i dati”.
PASSAGGIO A LECCE. “A gennaio, è stato il direttore sportivo a chiamarmi per dirmi di venire a dare il mio contributo nella corsa salvezza. Dopo tre vittorie consecutive, prima dello stop abbiamo impattato in due sconfitte sonore, contro Roma e Atalanta che hanno fatto riprecipitare nella zona caldissima della classifica. Ma io ci credo”.