La storia della Fiorentina, il 4 marzo, ricorderà per sempre un ragazzo perbene, legato alla maglia viola, strappato troppo presto all’affetto dei suoi cari e dei suoi tifosi. Fiorentina.it propone un’intervista esclusiva a Pantaleo Corvino, che racconta il suo rapporto speciale con Davide Astori
Il dolore, oggi, è vivo come tre anni fa. Nel tifoso che passeggia intorno allo stadio, negli ex compagni che ricordano Davide attraverso i loro post sui social. La sofferenza, oggi come allora, passa da qui. Da tante testimonianze d’affetto che dalla mezzanotte hanno invaso il mondo viola, come accadrà all’infinito ogni 4 di marzo, di generazione in generazione. Davide Astori era il capitano della Fiorentina, di una squadra giovane che ambiva ad un posto in Europa. Oggi è il Capitano eterno della storia viola. Per i tifosi che hanno il giglio nel cuore, questa data non sarà mai un giorno come un altro.
Pantaleo Corvino lo ha incontrato a Firenze. Certo, i due si conoscevano già nel ristretto mondo dorato del calcio, ma lavorare insieme, giorno dopo giorno, fa nascere rapporti stretti. Se avevi a che fare con Davide, poi, era semplice entrare in simbiosi. “Non potrò mai dimenticare i suoi valori. Il suo sorriso. Chiunque di noi avrebbe voluto averlo come figlio o come genero”. Bastano queste parole, forse, per scavarsi dentro e soffrire, oggi, un po’ di più.
Per capire chi era Davide Astori bisogna tornare indietro di qualche anno. Pantaleo Corvino lo fa insieme a noi, riavvolgendo il nastro della memoria. Perché non si può parlare di Davide senza parlare di calcio. Un atto dovuto, anche da parte dell’ex direttore generale viola. “La premessa è d’obbligo, la racconto volentieri per far capire a tutti chi era Davide Astori. Nel mio primo ciclo a Firenze le cose sono sempre andate bene, in discesa. C’era entusiasmo, c’erano le qualificazioni in Champions League. Era tutto molto bello. Il secondo ciclo non partì con quelle premesse. Anzi, c’era scetticismo, fra gli stessi calciatori e anche fra i tifosi”. Vero, era la Fiorentina di Paulo Sousa, quella che concluse a 60 punti il campionato, fuori dall’Europa per tre lunghezze a vantaggio del Milan. L’estate dopo una mezza rivoluzione, con l’arrivo di Stefano Pioli sulla panchina viola: “L’idea era quella di costruire una squadra giovane, di gettare le basi per il futuro con i Milenkovic, i Chiesa, i Dragowski e via discorrendo, ma nessuno sembrava voler accettare e sostenere quest’idea. Scapparono tutti, tranne uno. Tutti tranne Davide, che mi dette una forza pazzesca e mi aiutò a sostenere quest’idea con i compagni e anche all’esterno. Mi dette coraggio, non lo dimentico”.
Fino a quel maledetto 4 marzo.
“Già, una giornata terribile. Domenica mattina, non ero con la squadra a Udine perché dovevo andare a vedere un’altra partita. Stavo uscendo, chiudevo la porta e mi squillò il telefono mentre ero per le scale. Era il dottor Pengue, che mi avvisò. Fui il primo a saperlo, rimasi impietrito. Non so dove trovai la forza, ma pensai che la prima cosa da fare fosse avvertire la famiglia, affinché non lo venisse a sapere dai media. Chiamai mia figlia Lucia, che con Daniela si recò a casa di Davide ad avvertire Francesca. Poi chiamai Renzo Contratto, il procuratore di Davide”.
Anche quello fu un momento terribile.
“Sì, perché con Renzo ci stavamo sentendo tutti i giorni per il rinnovo di Davide. Ormai era fatto, mancavano solo le firme che sarebbero state messe la settimana successiva. Quando riportai la notizia a Renzo pensava che stessi scherzando. Che lo stessi prendendo in giro. Capì dopo pochi secondi, dalla mia voce, che era tutto vero. Fu lui ad avvertire i genitori ed i fratelli. Fino a quel giorno Davide è stato un riferimento per tutti, in campo e fuori, ma ha continuato ad esserlo anche dopo la tragedia per noi e per i suoi compagni”.
Con il rinnovo in arrivo, crede che Davide avrebbe chiuso la carriera a Firenze?
“Certo, senz’altro. Dico di più. Davide sarebbe rimasto all’interno del club anche dopo la fine della carriera. Lui era uno che trasferiva valori. La Fiorentina non poteva permettersi di perdere una persona così. Sarebbe diventato un punto di riferimento anche dopo aver smesso di giocare”.
Oggi, dopo tre anni, le capita ancora di pensare a Davide?
“Non potrò mai dimenticarlo, nel mio ufficio è sempre presente una bandiera con la sua immagine. Ieri sera ho chiamato mia figlia Lucia. Facciamo una videochiamata ogni sera, così posso vedere il mio nipotino. E ieri sera mi hanno fatto vedere che stavano attaccando la bandiera di Davide al balcone. Lo ripeto ancora. Per me è stato fondamentale. Era l’anima di quel gruppo ed un sostegno per me. Tutti scappavano. Lui no. Lui rimase, felice e convinto di farlo. Gliene sarò grato per sempre”.
Grandissimo ragazzo
Grande Davide ♥️
? un onore sentire certe parole in un mondo ormai privo di valori e sentimento