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Abruzzese, il giallorosso non si dimentica : “Il Lecce è la cosa più bella che mi sia capitata”

La nostra intervista esclusiva all’ex difensore, la cui esperienza nel Salento abbraccia due differenti ere, pur ravvicinate tra loro, della storia del club giallorosso.

Giuseppe Abruzzese non è solo uno dei tanti ex difensori che hanno difeso la maglia del Lecce. Abruzzese del club salentino rappresenta un pezzo di storia, sia dall’alto delle 152 presenze condite da traguardi prestigiosi, sia perché ha vissuto due momenti ben distinti del recente passato giallorosso. Dei momenti vissuti al Via del Mare, e non solo, ne ha parlato in esclusiva con noi.

Sei nato qualche chilometro più a nord di Lecce, ad Andria, ma anche l’Abruzzese calciatore pre-giallorosso è 100% made in Puglia. Quanto sono state importanti le esperienze iniziali con Fidelis e Tricase?

“Nella mia città natale ho fatto le giovanili e mi sono affermato guadagnandomi l’interesse delle serie superiori, ma è a Tricase che ho avuto l’esperienza fondamentale per l’approccio al calcio dei grandi. Era il 1999/00, per la prima annata in assoluto fuori casa, in una prima squadra. Ho grandissimi ricordi, sia perché mi sono formato molto nel mio primo anno tra i professionisti sia perché abbiamo ottenuto risultati importanti, come un grandissimo ottavo posto in Serie C2″.

Nel 2002 la chiamata del Lecce. Che impatto hai avuto con la piazza giallorossa? Hai avuto qualche difficoltà dal momento che arrivavi dalla provincia di Bari?

“Assolutamente nessun problema. Ero completamente concentrato sul lavoro, voglioso di imparare e sapevo quanto quell’occasione fosse importante per me. Arrivavo in una piazza importante, che arrivava in B dalla A e con tanti giocatori di Serie A a fare da chioccia a ragazzi come me. Era un sogno. E poi i tifosi, il calore della piazza. Il Lecce è la cosa più bella che mi sia mai capitata”.

Ed arrivò così anche l’esordio in Serie B…

“Devo molto a Delio Rossi, perché mi diede subito grande fiducia. Giocai titolare le prime gare in Coppa Italia ed ho sempre avuto spazio in quella che fu un’annata straordinaria, fatta di grandi emozioni e successi. Andai avanti nel mio percorso di crescita e di formazione, giocavo con compagni di una qualità incredibile e lo stadio era sempre pieno. I tifosi ci spinsero a conquistare una Serie A strameritata. Insomma, fu un esordio con i fiocchi”.

Il successo non si ferma, e con la prima stagione in Serie A arriva una salvezza emozionante. Che cavalcata fu?

“E’ sempre piacevole da ricordare quella stagione. Entravo nel calcio che conta in punta di pieni, con umiltà e con la consapevolezza che il calcio italiano era tra i top al mondo. La Serie A era difficilissima, noi fummo una sorpresa, ma non per caso. Eravamo giovanissimi di grande prospettiva, e certamente pagammo lo scotto dell’inesperienza, con un approccio non strepitoso alla categoria. Poi siamo cresciuti, grazie ad una società sempre più forte ed un gruppo consolidato nel tempo in cui i più grandi aiutavano i tanti giovani a crescere. La rimonta ed il grandissimo risultato finale in classifica, come le vittorie sulle big, fu una conseguenza quasi normale, ma emozionante”.

Ed ecco Zdenek Zeman ed un altro anno d’oro per il Lecce. Ti aspettavi di giocare di più?

“Purtroppo sì, ho avuto poco spazio, ma era comprensibile. Il boemo mi schierava da terzino, un ruolo al quale ero adattato. Per di più ai suoi esterni difensivi chiedeva caratteristiche da ali che io non avevo, dunque ho fatto il mio fino ad un certo punto. Ciò non toglie che anche quella stagione sia stata per me positiva perché mi ha arricchito con un tipo di calcio unico. Zeman ha una grande cultura del lavoro, è votato all’attacco e vuole vincere tutte le partite, indipendentemente dall’avversario di turno”.

Alla terza annata in A di fila le strade del Lecce e di Abruzzese si separano. Deluso da quell’esito?

“No, nel calcio va accettato che non tutti gli anni sono uguali, e non è detto che se in precedenza hai fatto bene e ti sei trovato bene poi le cose devono sempre andare in un certo modo. Nel 2005/06 stavo giocando poco, quando avevo bisogno di farlo con più continuità. Così, di comune accordo con il club, abbiamo semplicemente deciso di dividere le nostre strade”.

Diversi tuoi vecchi compagni al Lecce hanno detto che quella squadra del periodo 2002-2005 oggi si giocherebbe la Champions. Sei d’accordo?

“Quello era un Lecce giovanissimo, tanti dei suoi interpreti, una volta diventati grandi, hanno fatto grandissime cose in ambito nazionale ed internazionale. Non so se oggi sarebbe un Lecce da Champions, ma è chiaro che con una squadra composta da quei giocatori i giallorossi avrebbero potuto frequentare i piani alti, e magari essere quello che oggi sono squadre come Atalanta, Verona o Sassuolo. Magari un mix tra queste tre”.

QUI la seconda parte dell’intervista.

QUI la terza ed ultima parte.

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