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Corvino sulla sua carriera: “I talenti scoperti e le vittorie giovanili i miei più grandi orgogli”

Il direttore sportivo del Lecce è stato ospite stasera della trasmissione televisiva di TeleRama A Tu Per Tu, nel corso della quale si è raccontato in una lunga intervista.

INIZI. “Da ragazzo come tutti ero diviso tra scuola e la mia grande passione, il calcio. Una passione coltivata sin da piccolo e che avrei voluto portare avanti come calciatore, ma spinto da mio padre feci quindicenne la domanda per l’Aeronautica, proseguendo la sua stessa strada. Pur avendo preso questa via, volevo restare comunque nel mondo del calcio e, non potendo farlo nel campo, provai a farlo da fuori, come dirigente e nella fattispecie direttore sportivo. Trasferitomi da Roma ad Otranto, vicino casa, iniziai a 25 anni come direttore del Vernole, la squadra del mio paese”.

CASARANO. “Dopo una lunga trafila nelle categorie inferiori, si materializzò l’occasione del salto tra i professionisti, nel Casarano. Fu una scelta non facile perché avrei dovuto lasciare l’Aeronautica, dando un dispiacere a mio padre che era molto orgoglioso della mia carriera militare. Così chiesi a mia moglie, la quale mi disse di fare ciò in cui credevo di più. Conoscevo i rischi, ma anche che da più grande avrei tratto profitti ben maggiori con una carriera nel calcio. Così trovai anche il coraggio di dirlo a mio padre, che per un mese non mi fece entrare a casa (si commuove, ndr). Il Casarano inizialmente mi aveva fatto un contratto annuale che poi diventò un lungo matrimonio, ed anche mio padre iniziò sempre più ad apprezzare il mio operato. Non mi chiedeva nulla in modo diretto, ma so che si informava e restava sempre aggiornato. In rossazzurro il successo più grande lo considero la vittoria del campionato nazionale Berretti. Vincere un titolo nel profondo sud non era per nulla semplice”.

TALENTI. “Mi piace più fare i nomi delle potenzialità che ho scovato che dei giocatori affermati. Se penso a Casarano, ad esempio, preferisco ricordare la scommessa vinta con Miccoli che innesti del calibro di Francioso, che resta un big ma era più affermato. A Lecce ho portato tanti campioni come Lima, Lucarelli eccetera, ma Chevanton, Vucinic, Ledesma e Bojinov tra gli altri mi inorgogliscono tantissimo. A Firenze sono tanti i giovani lanciati e venduti per cifre importanti, come Jovetic e Nastasic ad esempio, ma anche elementi tuttora in viola come Vlahovic e Castrovilli. Le società danno sempre tanto, e un direttore deve ripagare tali sforzi dando prodotti importanti. Per non parlare dei 7 titoli nazionali vinti con il Lecce, tra le gioie più grandi”.

FIRENZE. “Una grandissima piazza, una proprietà ambiziosa e una tifoseria strepitosa che mi ha sempre dimostrato il suo affetto. La prima volta che la Fiorentina mi offrì di andare a lavorare lì dissi di no, perché volevo restare al Lecce. La seconda volta invece lo presi come un segnale di mio padre, visto che tanto tempo addietro disse a mia madre che magari un giorno sarei andato alla Viola, e accettai”.

AFFARI. “I primi anni furono straordinari, con quattro qualificazioni in Champions e tante soddisfazioni. Erano anni d’oro in cui si perdeva 4-5 volte all’anno. Ho portato a Firenze tanti campioni, su tutti Toni, Frey e Mutu. Ma anche tantissime scoperte che mi rendono orgoglioso. Un rimpianto di un affare in viola saltato è Vidal, che alle sette di mattina era sotto casa mia per firmare e poi saltò per un nulla”.

RICORDO PIU’ BELLO. “Ricordo quando presi Osvaldo alla Fiorentina. Arrivò tra tanto scetticismo e nel corso del campionato non fu semplice. Ultima giornata in cui ci giocavamo tutto a Torino, con in palio la Champions. In quella partita scelsi di andare in panchina e, quando Prandelli chiamò Osvaldo ad entrare, io lo caricai dicendo che quello era il momento di dimostrare la sua forza. Decise quella partita con una strepitosa rovesciata e io corsi in campo all’impazzata”.

Qui il resto dell’intervista con gli aneddoti su Berbatov, Lucarelli-Chevanton e i momenti più belli vissuti con il Lecce.

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Antonio Arnesano
Antonio Arnesano
3 anni fa

Grande Corvo, e bellissima intervista..raramente nel calcio si sente parlare di se stessi..qui nessuna frase fatta o diplomazia per arrampicarsi sugli specchi per non dire nulla..un uomo normale con un grande talento nel suo lavoro, che guarda caso, coincide alla sua immensa passione..sentire parlare del legame con il proprio padre, la propria madre, i sogni nascosti, il desiderio di vedere i figli realizzati attraverso le aspettative dei genitori, da un quadro fedele di questo sud, vero, profondo, estremo, diro, ma umano, reale, commovente, che porta via con sé tutta la propria emotività.. ed in fondo la vita ha il sapore della bellezza se ti trascina, senza capire come e perché, dentro una partita, fuori o dentro il rettangolo di gioco..e restare amareggiato o felice..poco importa la differenza

Commento da Facebook
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3 anni fa

Un grande professionista insieme a una Grandissima Società

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