Oltre ad aver parlato del Lecce di oggi, l’ex difensore (152 presenze in giallorosso) ha sfogliato l’album dei ricordi nel colloquio con il Corriere dello Sport.
Qui la prima parte dell’intervista
LUNGA MILITANZA. “Ho indossato la maglia del Lecce per sette anni in tutte la categorie, in vari momenti di storia dall’epoca Semeraro all’annata che doveva essere la rinascita. Di Lecce ricordo il calore della piazza e il fascino della maglia. Poi, la qualità della vita: a Lecce la gente ti fa sentire importante”.
APPRODO. “Giocavo in C2, ero 21enne e il direttore Corvino mi prese facendomi giocare un campionato intero in B. Era il Lecce retrocesso dalla A e vincemmo il torneo essendo quasi tutti ragazzi dai 18 ai 22 anni, Vucinic, Donadel, Bovo. Battemmo piazze blasonate come il Palermo che aveva Corini, Maniero. In A? Era un Lecce forte e giovane e fummo protagonisti. Ricordo la svolta nel 2003/2004 dopo una brutta sconfitta col Brescia. Cambiammo passo e trovammo risultati giocando un calcio propositivo”.
ADDIO. “Con Baldini nel 2006 ho visto poco il campo facendo un percorso altrove. Decisi di tornare nonostante la categoria: fui contattato dall’ex proprietà e la passione dei tifosi mi convinse a scegliere il club”.
GARGIULO. “Mi ha impressionato parecchio. Ha qualità e quantità. Sarebbe facile citare Strefezza e Hjulmand. Mario, nell’economia del gioco del Lecce, è una figura importante”.