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“Se non sei una big io non vado a duemila”. Il Lecce e quel trend da invertire subito

Dati alla mano, i giallorossi negli ultimi mesi hanno dato il meglio di sé con le grandi della Serie A. Alla base del problema c’è una crisi d’identità che solo il giocare da gladiatori (Inter docet) può spazzare

Nel post Lecce-Inter lo avevamo detto: i giallorossi con le big d’Italia si trasformano, ritrovando un carattere spesso sopito e andando ben oltre i propri limiti. Tre indizi facevano una prova, portando a un’opinione sorretta da fatti e numeri che si sperava potesse essere prontamente smentita dalla trasferta di Verona. Che, purtroppo, ha confermato il preoccupante trend.

La situazione è a dir poco eloquente e, per preoccupante continuità, pressoché inconfutabile: i ragazzi di Liverani non riescono a reagire con quelle squadre che, non essendo di prim’ordine, danno l’anima in campo. L’Hellas Verona ne è, togliendo anche il probabilmente, il più bell’esempio. Un collettivo dotato di giuste e utili qualità, ma costruito per nulla più di una salvezza sofferta, che andando a duemila e mettendoci un cuore immenso sta andando oltre ogni previsione.

Ma non solo Verona. In serie Genoa (per un’ora e, in generale, a parità numerica), Brescia, Bologna, Udinese, Parma. Tutte, chi più chi meno, dirette rivali del Lecce. Tutte squadre che fanno della corsa e della grinta, ancor più che della contenuta caratura tecnica, le proprie armi. Tutte squadre che hanno messo in seria difficoltà Mancosu e compagni, in balia di avversari in un modo da considerare come accettabile solo se davanti al loro nome ci fosse un Real.

Ma cosa c’è alla base di queste così nette difficoltà dei salentini? Il Lecce ha avuto, tolto il primo tempo del secondo turno con il Verona, un ottimo approccio con la Serie A. In termini di gioco e mentalità ancor più che di punti. I giallorossi hanno sempre strappato applausi grazie ad un’impronta, tutta merito di Liverani, fatta della ricerca del risultato attraverso il gioco. Ciò è stato non solo divertente e lodevole, ma anche efficace. Tra effetto sorpresa di una neopromossa capace di affrontare club di caratura mondiale a viso aperto ed entusiasmo, sono arrivati punti pesanti.

Un livello, per una serie di fattori, difficile da mantenere per tutto l’anno. Gli avversari hanno iniziato a conoscere questo Lecce, che ha subito un calo fisico dettato dalla rosa corta. I pochi titolari di Liverani sono stati alla lunga spolpati, e non potendo contare su qualità tecniche superiori non sono riusciti a sopperire al gap in assenza delle sopracitate condizioni. La squadra si è così trovata spalle al muro, impossibilitata a giocare a suo modo come fatto in ogni gara dello scorso campionato.

Se in B l’essere sopra il livello medio della categoria consentiva di poter usare le proprie armi con efficacia anche a giri ridotti, questo in A non è certo possibile. La conseguenza? Da quasi due mesi il Lecce è in crisi d’identità. La soluzione? Gettare il cuore oltre l’ostacolo, “imitando” le più immediate rivali con gare tutte garra e agonismo. Un’alternativa a cui questa squadra non è abituata.

Limiti insuperabili? Incapacità dell’allenatore? Nulla di più falso. E la risposta è proprio nel fatto che i salentini hanno dimostrato con i fatti di riuscire a seguire questo spartito. Quando? Quando la gara si presenta da sola per importanza, nome e blasone dell’avversario, portando stimoli notevoli. Ben più che simbolici i pari con Milan, Juve e Inter, in cui Mancosu e compagni hanno lottato su ogni pallone, non arretrando di un centimetro, non mollando fino alla fine e lasciando il campo dopo aver dato tutto. Impresa quasi riuscita anche con Roma e Lazio. La stessa Fiorentina, benché si affrontasse un’avversaria in difficoltà e non da Champions, potrebbe essere inserita in coda a questo elenco.

Ciò rende certamente merito alle potenzialità del collettivo giallorosso. Ma, isolato o quasi, ciò non basta. Così, come fatto nell’ultimo mese e mezzo, si retrocede di certo. Niente disfattismo, ma una necessaria presa di coscienza. Un’ammissione dei propri limiti confermata anche ieri da Liverani in conferenza stampa.

Si può uscire da questo tunnel? Assolutamente sì, e il come tecnico e squadra lo conoscono benissimo. Ben più di qualsiasi addetto ai lavori che si avventuri in disamine necessarie tanto quanto lampanti. La luce in fondo al tunnel si può trovare, ancor prima che in campo, nello spogliatoio, negli allenamenti settimanali. Lì, dove è possibile guardarsi in faccia e non chiedersi come fare a fermare il fenomeno di turno, ma dirsi “gli altri vanno a mille? Noi dobbiamo andare a duemila“.

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4 anni fa

Liverani non ha colpe la colpa è solo di meluso che ha fatto acquisti sbagliati vedi imbula benzar shakov baba minchia ecc…

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4 anni fa

Ma qualcuno sa perché ieri Falco non ha giocato?

Vincenzo
Vincenzo
4 anni fa

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Andrea
Andrea
4 anni fa

Tifo e tiferò sempre e solo Lecce..ma basta davvero con meluso,il prossimo anno Corvino..siamo in urgenza..e dormiamo.. tutti giocano meglio di noi.. ciò preoccupa…

Direttore1982
Direttore1982
4 anni fa

Non si deve esagerare però… andare a 2000? Reggiamo bene la forza d urto stop!Forse abbiamo la memoria corta.. con Rossi, Cavasin ( difensivista) e Zeman andavamo a 2000.. bei tempi.

Ivan
Ivan
4 anni fa
Reply to  Direttore1982

Bei tempi senza dubbio!
La retrocessione in serie C è stato il prezzo da pagare per la cavolata fatta…ma non ci dobbiamo più pensare.
Quando però sento dire “da dove veniamo”, ricordo bene da dove veniamo…
Dalla prima promozione (85) siamo sempre stati tra B e A…
I 6 anni in serie C sono solo da considerare “il prezzo da pagare per un errore”…

Forza Lecce

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