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La A e le sue maglie – Lazio, il tributo all’antica Grecia e la maglia divenuta bandiera

Ottava puntata della nostra rubrica dedicata, tra storia e presente, all’emblema per eccellenza di ogni club del massimo campionato: la maglia da gioco. Oggi tocca alla Lazio.

Il nostro viaggio cromatico ed iconico nelle maglie della Serie A continua con la prossima avversaria del Lecce, la Lazio. La squadra più antica di Roma vanta una tradizione lunga caratterizzata sempre dagli stessi colori che hanno dato vita a combinazioni divenute spesso cult. E che affondano le proprie radici in una storia addirittura precedente a quella della Città Eterna.

La scelta del bianco e del celeste è infatti un omaggio effettuato dai fondatori della Società Podistica Lazio (9 gennaio 1900) alla Grecia patria delle Olimpiadi e la cui bandiera prima del blu prevedeva il ciano, di gradazione molto simile al celeste. Il sodalizio capitolino è infatti una delle polisportive più grandi al mondo ed in questo spirito ed è in questo spirito che va letta la decisione cromatica originaria. La prima divisa della sezione calcistica registrava un modello mai più riproposto in futuro: disposizione a quarti dei due colori sociali con calzoncini neri e calzettoni neri. Nel 1906, poi, l’esordio della prima maglia così come la conosciamo oggi, interamente celeste, anche se per qualche anno ancora fu alternata con la camicia bianca.

Nel corso del Novecento ed ancor più negli ultimi decenni, però, la divisa celeste degli Aquilotti registrerà diverse novità, partite già prima dell’avvento del marketing sfrenato. Negli anni ’30 la più “argentina” delle uniformi laziali (strisce verticali riproposte solo per la Champions tra 1999 e 2001 e ancora 5 anni fa) fu paradossalmente utilizzata dalla squadra rinominata dalla stampa “Brasilazio” per l’elevatissimo numero di brasiliani in rosa. Nel ’63 e nel ’64, poi, una sorprendente polo blu marino a rimpiazzare momentaneamente il celeste che tornerà, solitario, a dominare fino ad inizio anni ottanta, quando esordirà la storica “maglia bandiera”. Questa, riproposta poi anche di recente, era caratterizzata da un corpo a metà tra bianco e celeste con al centro un’aquila blu stilizzata.

Da fine anni novanta in poi tante le soluzioni cromatiche, a partire dal celeste con barra nera orizzontale sul petto del 1988. Nel 2000, per festeggiare un centenario che porterà in dote lo scudetto, il momentaneo ritorno alle origini con il total white interrotto solo dalla striscia orizzontale celeste con inserti oro nella parte superiore. Poi saranno per lo più dei piccoli dettagli a fare la differenza tra i vari kit susseguitisi, soprattutto con inserti bianchi mai troppo invadenti e, più raramente, grigi o blu.

Imbarazzo della scelta invece per le proposte, spesso suggestive, delle maglie da trasferta. Questo a partire come sempre dagli anni ottanta, dopo otto decenni di sole divise bianche per l’away. Nel 1982/83 un biancoverde mai più visto, prima dell’esordio del giallo che farà fortune nei Novanta soprattutto quando associato al celeste e non al blu scuro. Nel 1994 toccherà al grigio, prima sgargiante e poi, nel 2003, più distinto. Solo con il nuovo millennio ci sarà invece l’esordio del nero totale, mentre particolarmente apprezzato fu, nel 2014/15, il tributo agli amici del West Ham con una divisa amaranto bordata di celeste.

E andiamo al presente: dopo l’era Macron questo è stato l’anno d’esordio per Mizuno, marchio giapponese che per la prima maglia non ha voluto strafare puntando su un intenso celeste con la sola proposta dell’aquila stilizzata in chiaroscuro come sfondo. Più ardita la maglia da trasferta, nera con striscia a mo’ di volo d’aquila a gradazione multicolore che sfuma verso tutti i colori dello stemma laziale (dal celeste all’oro al bianco). Infine più classica la terza maglia, bianca con maniche e calzoncini blu navy.

QUI la puntata dedicata all’Inter

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QUI la puntata dedicata al Monza

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QUI la puntata dedicata all’Atalanta

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